L’elemosina alle imprese. Sostegni da fame alle partite Iva piegate dalla crisi

Sostegni: il grido di dolore che si leva dalle piazze - spesso dimenticate dai Palazzi - che nelle ultime settimane con manifestazioni

L’elemosina alle imprese. Sostegni da fame alle partite Iva piegate dalla crisi

Due pesi e due misure o, se si preferisce, figli e figliastri. Cambiano i governi e le stagioni politiche ma non l’andazzo nel nostro Paese. Da una parte i soliti noti, quelli che la sfangano sempre, i “garantiti”, la casta dei privilegiati a vario titolo, quelli che percepiscono sussidi statali pur non avendone diritto. E quelli che in qualche modo i diritti se li arrogano comunque.

L’elemosina alle imprese

Ultimo, ma solo in ordine di tempo, il caso degli ex parlamentari che hanno avuto problemi con la giustizia. E si sono visti sospendere per decreto nel 2015 il vitalizio e riavranno l’assegno mensile grazie ai ricorsi (vedi pezzo). Dall’altra, il grido di dolore che si leva dalle piazze – spesso dimenticate dai Palazzi – che nelle ultime settimane con manifestazioni e proteste più o meno turbolente hanno fatto sentire la loro voce. Commercianti, artigiani, ristoratori, baristi, albergatori, proprietari di palestre, tutti i settori che vivono di turismo, lavoratori dello spettacolo e tutto l’indotto.

Insomma l’ampio e variegato popolo delle partite Iva che nell’ultimo anno ha subito l’arresto dell’attività per decreto o vari stop & go (come parrucchieri ed estetiste, solo per citarne alcuni) che certo non hanno migliorato molto la situazione. Anche perché il cambio di governo ha rallentato l’arrivo delle risorse stanziate e per mesi migliaia di lavoratori sono rimasti senza entrate e senza cassa integrazione. Anche per via dei ritardi della burocrazia che in Italia rappresenta da sempre una zavorra non indifferente. Grazie alla velocizzazione dei processi di pagamento dell’Inps, la situazione da ottobre è nettamente migliorata. A marzo 2021 poco più di 17mila persone attendevano il pagamento di gennaio, mentre a novembre in questa condizione erano in circa 26mila, a ottobre quasi 66mila, a inizio settembre poco più di 77mila mentre a inizio luglio erano addirittura 194mila e mezzo.

Sostegni da fame alle partite Iva piegate dalla crisi

Ma in ogni caso, seppur come affermato dal premier Draghi, il governo pone al centro “l’obiettivo della crescita economica” e con il nuovo scostamento di bilancio e l’autorizzazione ad altri 40 miliardi in deficit sarà finanziato un provvedimento con alla base una “visione espansiva per le imprese e l’economia”, sarebbe pura utopia pensare di risollevare le sorti di settori in ginocchio con gli aiuti di Stato, anche perché questi miliardi verranno spacchettati in più voci. Cinque miliardi dovrebbero essere destinati al fondo pluriennale dei progetti esclusi dal Recovery plan, il resto dovrebbe andare alle imprese ma ai ristori veri e propri (cioè a fondo perduto) dovrebbero andare 20 miliardi o poco di più rispetto agli 11 del precedente decreto Sostegni.

Peraltro è lo stesso ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti a riconoscere che il tipo di sostegno messo in campo col precedente decreto “basato sulla riduzione del fatturato non è totalmente equo, in quanto la valutazione corretta dovrebbe basarsi non tanto sulla diminuzione del fatturato, quanto sulla diminuzione del risultato di esercizio, del margine operativo lordo, che è la sintesi tra fatturato e costi, siano essi variabili, siano essi fissi, perché altrimenti le attività, le partita Iva  su cui incidono maggiormente i costi fissi, sono quelle danneggiate e non ricomprese”.

La disperazione delle piazze ignorate da Draghi

Del resto anche dall’opposizione, cioè dal partito di Giorgia Meloni l’obiettivo, pur nella consapevolezza che “l’unico vaccino per l’emergenza sociale, che rischia di essere più grave di quella sanitaria, sono le riaperture”. Si è chiesto al governo di “Elevare al 100% l’entità dei ristori previsti per le imprese e le partite Iva con un volume d’affari fino a 400mila euro con riferimento alla perdita media mensile”. In tema di locazioni “di applicare la cedolare secca al 21% anche agli affitti riguardanti gli immobili non ad uso abitativo. E per i proprietari dell’immobile non prevedere nessuna tassazione sui canoni di locazione non percepiti a partire da gennaio 2020”, solo per citare alcuni degli emendamenti di FdI al decreto sostegni.

Ma su questo punto, cioè una maggiore attenzione ai lavoratori “non garantiti”, ha insistito anche la delegazione del Movimento 5 Stelle ricevuta ieri a Palazzo Chigi da Draghi e dal titolare del Mef Daniele Franco. Esprimendo “La necessità che nel decreto sostegni si intervenga in favore delle famiglie dei lavoratori autonomi e delle partite Iva. Affinché ricevano un adeguato riconoscimento, equivalente a quello dei lavoratori dipendenti”, come chiarito dal reggente Vito Crimi.