Delitto di Garlasco: movente, la confessione di Alberto Stasi e la posizione della famiglia di Chiara Poggi

Delitto di Garlasco: sono trascorsi ormai tanti anni dalla morte di Chiara Poggi. Per i giudici il colpevole è Alberto Stasi.

Delitto di Garlasco: movente, la confessione di Alberto Stasi e la posizione della famiglia di Chiara Poggi

Delitto di Garlasco: sono passati ormai 15 anni dall’omicidio di Chiara Poggi. Per la morte della ragazza è stato condannato Alberto Stasi che si è sempre dichiarato innocente ed estraneo ai fatti.

Delitto di Garlasco: movente

Il movente del delitti di Garlasco è presente nelle 140 pagine presentate nel processo d’appello bis. Alberto Stasi uccise Chiara Poggi senza fatica e senza alcuna pietà”Stasi uccise la fidanzata per un motivo rimasto sconosciuto, poi tornò a casa “facendo le sole cose che potesse fare, quelle di tutti i giorni: ha acceso il computer, visionato immagini e filmati porno, ha scritto la tesi, come se nulla fosse accaduto”.  Ed è forse in questa passione per immagini anche “raccapriccianti” che i magistrati individuano la “motivazione forte” che ha “provocato (..) il raptus omicida”. La “passione di Alberto per la pornografia avrebbe potuto provocare discussioni, anche con una fidanzata di larghe vedute”.  Diventando così “una presenza pericolosa e scomoda, come tale da eliminare per sempre dalla sua vita di ragazzo perbene”.

“La dinamica dell’aggressione evidenzia come Chiara non abbia avuto nemmeno il tempo di reagire, dato questo che pesa come un macigno (…) sulla persona con cui era in maggior e quotidiana intimità”. La ricostruzione fatta dai giudici rimarca “una sorta di progressione criminosa, dipendente dalla reazione della vittima, già inizialmente colpita al capo, e poi di nuovo e con maggiore violenza ancora colpita, in prossimità della porta della cantina, fino alla azione finale del lancio, a testa in giù, lungo le scale”. Nelle motivazioni si sottolinea come “tale condotta, tuttavia, all’evidenza supportata da un dolo d’impeto, scatenato da quel movente che non è stato possibile accertare, va valutata nella sua unicità e nel suo sviluppo indirizzato verso l’esito finale voluto, ovvero la morte della vittima”.

Delitto di Garlasco: la confessione di Alberto Stasi

Alberto Stasi si è sempre dichiarato innocente, pur essendo stato l’unico indagato dei fatti. “Quando mi chiedono se ho ucciso io Chiara penso che non sanno di cosa stanno parlando”, ha dichiarato durante l’intervista tv de Le Iene, proclamando ancora la sua estraneità ai fatti.

“Sembrava di remare contro un fiume in piena andando controcorrente, fin dall’inizio: una volta lo scambio dei pedali, un’altra volta il test solo presuntivo, e l’alibi che mi viene cancellato, l’orario della morte che viene spostato – ha detto Stasi -. Non c’era desiderio di cercare la verità”. Alla domanda su cosa direbbe ai giudici che lo hanno condannato: “Non saprei perché sono, in qualche modo, e in negativo, i protagonisti di questa vicenda. È difficile arrivare alla mente e al cuore di quelle persone”.

La posizione della famiglia di Chiara Poggi

A distanza di 15 anni da quel 13 agosto 2007, tona a parlare la famiglia di Chiara Poggi. “In questo modo si continua a mistificare la realtà senza contraddittorio”, si sfoga a La Provincia di Pavia. “E il contraddittorio è lo Stato italiano, che con sentenze di Cassazione e delle Corti di appello ha accertato al di là di ogni ragionevole dubbio la responsabilità di Stasi per l’uccisione di Chiara”.

“E il contraddittorio, ci terrei a sottolineare, non è la famiglia Poggi, ma è lo Stato italiano che con sentenze di Cassazione e delle Corti di appello ha accertato al di là di ogni ragionevole dubbio la responsabilità di Stasi per l’uccisione di Chiara Poggi – sottolinea il legale della famiglia -. L’unica cosa che non è stata approfondita della vicenda sono le circostanze di cui si è avvantaggiato Stasi per essere assolto finché la Cassazione nel 2013 ha finalmente disposto che venisse svolto un processo rispettando le regole del codice di procedura penale”.

Nella sentenza d’appello bis, per il legale “i giudici scrivono testualmente delle molte criticità di alcuni degli accertamenti svolti, riconducibili a errori e negligenze anche gravi, e non solo all’inesperienza, degli inquirenti. Non si può negare che in molte occasioni sia stato proprio Stasi, personalmente e non solo, a indirizzare e ritardare le indagini in modo determinante e a sé favorevole”.

 

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