Delusione a tutto gas per Carrai. Proprio mentre l’amico di Renzi sponsorizza i giacimenti israeliani, l’Eni punta tutto sulla maxiriserva scoperta in Egitto

di Stefano Sansonetti

Chissà come c’è rimasto Marco Carrai, il mini Richelieu renziano. Il fatto è che nella guerra dei giacimenti di gas e petrolio ognuno perora la causa più idonea a consolidare le relazioni personali. Naturalmente la scorsa settimana ha tenuto banco la notizia che l’Eni ha scoperto un maxi-giacimento al largo delle coste egiziane, ribattezzato Zohr. Scoperta che secondo i vertici dell’Eni, guidato da Claudio Descalzi, è di rilevanza mondiale, con una capacità stimata in 850 miliardi di metri cubi di gas. C’è da scommettere che anche dalle parti del Governo di Matteo Renzi siano tutti estremamente soddisfatti. Poi però a qualcuno può ritornare alla mente una lettera scritta al Corriere della Sera il 31 ottobre del 2014, dal titolo “Israele, il Medio Oriente e la diplomazia del gas che passa da Leviathan”.

LA MISSIVA

L’articolo in questione tesse le lodi proprio di Leviathan, ovvero un altro maxi-giacimento di gas scoperto nel 2011, stavolta al largo delle coste israeliane. Egitto e Israele, paesi geograficamente vicini, ma per una serie di altre ragioni molto lontani. A firmare l’articolo è proprio lui, Carrai, eminenza grigia, consigliere e grande amico del presidente del consiglio. Interessante, oggi, rileggere l’incipit della missiva: “Golda Meir, primo ministro d’Israele dal 1969 al 1974, detta ‘dama di ferro’ ben prima di Margaret Thatcher, diceva spesso che Mosè aveva condotto il popolo d’Israele nell’unico territorio del Medio Oriente senza petrolio”. Ebbene, proseguiva Carrai, “se la signora Meir fosse stata viva il 17 gennaio 2009 avrebbe cambiato idea: quel giorno la società texana Noble ha scoperto al largo della costa israeliana un giacimento di circa 300 miliardi di metri cubi di gas. Due anni più tardi, poco lontano, è stato trovato un altro giacimento da 600 miliardi di metri cubi, che gli israeliani hanno chiamato Leviathan”. Queste scoperte, incalzava l’amico di Renzi, “sono destinate a creare un nuovo ordine energetico nel quale Israele può giocare un ruolo di primo piano”. E questo perché il paese “diventa autosufficiente da un punto di vista energetico, e potrà contare in più, secondo i calcoli del gabinetto del premier Netanyahu, su 60 miliardi di dollari per la vendita di gas eccedente il proprio fabbisogno”. Sempre nella lettera, non potendo prevedere l’imminente scoperta di Zohr da parte dell’Eni, Carrai ipotizzava anche un futuro di forniture di gas proprio da Israele all’Egitto. Ma l’obiettivo finale era quello di sponsorizzare un acquisto di gas israeliano da parte dell’Unione europea e dell’Italia: “Il gas del bacino del Levante potrebbe arrivare un Europa riducendo in parte la dipendenza dal gas russo”. E ancora: “La sicurezza energetica europea e il contributo che il nuovo gas può dare a una regione che è a poche centinaia di chilometri dalle coste dell’Ue consigliano, anzi impongono, il massimo sforzo diplomatico e tecnico da parte dell’Europa e dell’Italia”. Più chiaro di così si muore.

LA SORPRESA

Passano però 10 mesi e l’Eni, il cui pacchetto di maggioranza è in mano al Tesoro italiano, annuncia la super scoperta egiziana di Zohr, che non soltanto ha un potenziale di 850 miliardi di metri cubi di gas, ma forse “cela” sotto di sé un altro giacimento. Insomma, sulla carta parliamo di una riserva che può far concorrenza all’ambizione israeliana di Carrai. Per carità, risulta che a margine della recente audizione in Parlamento Descalzi abbia fatto riferimento alla possibilità di creare un polo energetico tra Egitto e Israele. Ma forse Carrai, i cui rapporti con Israele sono consolidati, si sarebbe aspettato una corsia preferenziale per Leviathan. E’ appena il caso di ricordare come il fedelissimo del premier si sia dato da fare per portare in Italia alcuni fondi di Wadi Ventures, il cui quartier generale è a Tel Aviv. Si tratta di un acceleratore-gestore di fondi di venture capital, ossia un veicolo che investe in giovani imprese. Carrai è molto vicino a Wadi Ventures, i cui due fondatori sono Jonathan Pacifici e Reuven Ulmansky. Tra i partner c’è anche Marco Bernabè, figlio di quel Franco Bernabè già socio in alcune iniziative dello stesso Carrai.

Twitter: @SSansonetti