Di Pietro si riscopre pm e torchia Schiavone

di Antonello Di Lella

Quel tono da inquisitore non lo ha mai abbandonato pur avendo appeso la toga al chiodo nel lontano 1994. Ma ora a quasi vent’anni di distanza dalle udienze di Mani Pulite Antonio Di Pietro è tornato a porre domande scottanti. Dalla tangentopoli scoperchiata a Milano ai rifiuti tossici nella Terra dei fuochi. Un “ritorno” al ruolo di inquisitore non certo semplice per Tonino che nei giorni scorsi si è trovato di fronte il pentito di Camorra Carmine Schiavone. Ha provato a incalzare il suo interlocutore, ma alla fine Di Pietro è riuscito a tirar fuori ben poco dall’”interrogatorio”. Un colloquio per essere precisi: l’ex pm di Mani Pulite ha chiesto e ottenuto un incontro con Schiavone per provare a far luce sui luoghi in cui sono stati interrati quei rifiuti tanto pericolosi. A filmare il tutto, nella residenza segreta del pentito, le telecamere dell’emittente Molise Tv. Con una certezza: la camorra ha seminato rifiuti tossici anche nel territorio molisano. Confermato il sospetto di Di Pietro che però con l’interrogatorio a Schiavone mirava a capire esattamente quali fossero i luoghi in questione. Il pentito ha dato delle indicazioni senza però essere troppo preciso: “I veleni sono sicuramente nella zona a confine tra Molise e Campania”, ha risposto Schiavone, “e sono stati sotterrati in occasione della costruzione della terza corsia dell’autostrada Napoli-Roma tra il 1989 e il 1990”. La caccia ai bidoni tossici ora è aperta. E Di Pietro è pronto a consegnare all’autorità giudiziaria tutti i contenuti del colloquio col pentito, attentamente verbalizzati da Tonino stesso sul suo portatile.

I veleni del nord
Intrecci e appalti al centro della vicenda che ha portato, secondo la ricostruzione di Schiavone, i rifiuti tossici del nord Italia e dell’Europa nella Terra dei fuochi e dintorni. E giù con tanti nomi coinvolti nel traffico di rifiuti, senza però soddisfare le vere richieste dell’ex pm di Mani Pulite che più volte ha provato a riportare in tema il pentito. “Se fossi un magistrato ti farei tante contestazioni”, ha tuonato Di Pietro nel corso del colloquio. Arrendendosi alla fine: “Troppe chiacchiere con una marea di considerazioni personali: così se le porta il vento senza arrivare al dettaglio”. Non resta che sperare nel materiale contenuto negli altri atti giudiziari posti sotto segreto di Stato. “Questo è l’aspetto più oscuro di questa vicenda. Spero non siano stati secretati per far giungere prima la prescrizione e l’amnistia”, ha affermato Di Pietro, “il segreto di Stato in certe occasioni rischia di confondersi con l’omertà complice. Spero le autorità possano rivedere la tempistica del segreto”.

Tangentopoli
Ma c’è spazio anche per i tempi passati da Di Pietro alla procura di Milano con Schiavone che si è rivolto all’ex pm confessando: “Sei andato davvero vicino alla soluzione. Ma ero a conoscenza anche del piano per spezzarti tutte e due le gambe. Dovevano eseguirlo due romeni”.