Dinasty Berlusconi, Marina ci pensa

di Daniele Manca per Il Corriere della Sera

Silvio Berlusconi sta diventando di nuovo un caso in Europa e in Italia …

«Troppa gente si affanna a commentare quel che mio padre dice e a interpretarlo come più le conviene. Bisognerebbe smetterla una volta per tutte con le strumentalizzazioni».

Le parole sui lager e i tedeschi non sono state certo felici.

«Guardi, mi dispiace solo che per ragioni elettorali sia stata utilizzata una frase sull’Olocausto, che non intendeva offendere nessuno, per montare una polemica che sottrae attenzione a quel che è il tema vero: il tema di un’Europa che così com’è non funziona, perché è utile a pochi e danneggia tutti gli altri».

Marina Berlusconi oggi presiederà l’assemblea della Mondadori, ieri c’è stata quella Mediaset. Le aziende sono il suo impegno, almeno ora. Anche perché, ottimista sul lato delle imprese Fininvest, lo è molto meno per la politica italiana. O meglio per  parte di essa.

Suo padre ci mette del suo, è arrivato a parlare di colpo di Stato per la sentenza Mediaset.

«Mio padre ha subito in vent’anni una persecuzione giudiziaria senza precedenti, è stato il bersaglio di organi di informazione che dividevano con un gruppo di toghe ideologie, interessi, obiettivi. La presunzione di colpevolezza ha sostituito quella d’innocenza, l’incertezza del diritto ha stravolto i principi giuridici. E si è arrivati persino a celebrare processi su reati confezionati su misura».

C’è una condanna in Cassazione.

«Già, le condanne senza prove e le calunnie più assurde sono riuscite a fare quel che in una democrazia spetta alla battaglia politica, a scalzare un leader regolarmente eletto. Non si vuole chiamarli “colpi di Stato”? Li si chiami come si vuole, ma così sono andate le cose».

Colpi di Stato o no, però oggi la sinistra ha un leader che qualcuno vorrebbe in Forza Italia …

«Fin da piccoli ci insegnano che un libro non si giudica dalla copertina, ma solo dopo averlo letto. Renzi si è presentato bene, niente da dire. Le immagini e le parole giuste. Il solo fatto che abbia conquistato il Pd suona come la negazione di quello che la sinistra ha fatto e predicato in questi vent’anni, la certificazione della sua sconfitta».

Perché sconfitta? I sondaggi dicono il contrario.

«Dopo vent’anni durante i quali l’unica linea è stata l’antiberlusconismo, la sinistra ha ora un leader che sembra aver capito due cose. Primo: Berlusconi non è il male da eliminare ad ogni costo ma solo un avversario politico. Secondo: mio padre aveva perfettamente ragione a ripetere che il problema dei problemi di questo Paese è che con le attuali regole non si riesce a governarlo».

Il centrodestra però ha avuto tempo per cambiare.

«E infatti nel 2005 aveva già varato una riforma costituzionale più completa di quella oggi in discussione. Peccato che venne cancellata da un referendum voluto proprio dalla sinistra. Hanno cambiato idea? Meglio tardi che mai. Certo, all’Italia si sarebbero potuti risparmiare un sacco di problemi».

Ma a lei non piace il dialogo sulle riforme?

«No, anzi, mi auguro prosegua. Detto questo, però, non si tratta di cambiare solo per poter dire che si è cambiato, riformare ha un senso solo se significa davvero “migliorare”. La velocità non deve mai diventare fretta».

Bene le riforme, dunque. Ma il governo?

«Giudizio negativo. È  giusto creare un clima di ottimismo e fiducia, ma attenzione: più forti sono le aspettative che si generano, più gravi saranno i danni se alle promesse non seguiranno i fatti. Purtroppo, è quello che sta succedendo, al di là del fumo alzato con i tweet, le slides,  qualche pesciolino rosso in più e qualche auto blu in meno».

Saranno anche pesciolini rossi, ma l’Italia ha bisogno di novità, in una politica che resta stagnante.

«Più che il nuovo che avanza, a me il premier sembra il nuovo che arretra. Sul decreto lavoro, il dietrofront dettato dalla sinistra Pd ha del clamoroso. E poi non sono né un politico né un economista, non ho la presunzione di dettare ricette, però quel che è certo è che misure come il decreto “80 euro” sono spese elettorali e non investimenti per la crescita. Posto che si trovino le coperture».

Finora le hanno trovate.

«Vedremo. Ma quei soldi, oltre 20 miliardi in due anni, si potevano usare in modo molto più efficace. Oltretutto il decreto fa acqua da tutte le parti. Conti alla mano, l’unica certezza è che aumentano le imposte su casa e risparmi. In un momento così difficile».

Fortunatamente però si parla di ripresa.

«La crisi è stata ed è ancora durissima. Se devo guardare al nostro gruppo, però, abbiamo saputo reagire bene, siamo riusciti a trovare un giusto equilibrio tra rigore e sviluppo. Da una parte grandissimo lavoro su costi ed efficienza. Dall’altra nessuna distrazione sul prodotto, anzi continuiamo a investire. Senza mai perdere la capacità di innovare».

Sono tante le imprese che lo dicono ma se c’è un settore in crisi è quello dell’editoria e comunicazione.

«Per noi non sono solo parole. Penso a Mediaset che torna in utile, abbatte il debito, si aggiudica i diritti 2015-2018 per la Champions, e guardi tutto l’interesse che c’è attorno alla nostra pay-tv… Penso a Mondadori che si ristruttura in modo radicale, ma anche a Mediolanum che chiude un altro anno ad ottimi livelli».

La Mondadori perde parecchio …

«Sul risultato 2013 hanno pesato 207 milioni fra costi di ristrutturazione e svalutazioni. Ma si tratta di oneri non ricorrenti. I primi mesi del 2014 sono migliori delle previsioni: i sacrifici durissimi e il grande lavoro fatto cominciano a dare risultati. Tutti i business hanno ripensato profondamente l’organizzazione e in molti casi il loro stesso prodotto. C’è stato un notevole cambiamento nel management. Il piano di risparmi per 100 milioni al 2016 è già molto avanti nella realizzazione, contiamo anzi di fare di più. E, se capitasse, siamo anche pronti a cogliere qualche opportunità, non solo nel digitale».

Addirittura volete fare acquisizioni?

«Siamo solidi. E siamo una risorsa per il Paese. Ogni anno versiamo in media al Fisco oltre 500 milioni di euro, 5 miliardi negli ultimi 10 anni. Stiamo affrontando bene tutte le difficoltà. E in quel “tutte” c’è anche l’inaccettabile esproprio di 500 milioni a favore della Cir di De Benedetti per il Lodo Mondadori».

Anche lì c’è una sentenza, una causa vinta da De Benedetti.

«Se penso che ha avuto il coraggio di dire che mio padre “non è un imprenditore”… Si è visto quanta ricchezza lui è stato capace di distruggere per tutti mentre ne creava, e tanta, soltanto per sé. Mi auguro solo che dopo l’Olivetti, dopo decine di migliaia di risparmiatori, ora non tocchi a Sorgenia. La storia imprenditoriale di Carlo De Benedetti è costellata di naufragi, e paradossalmente la sua ancora di salvezza stavolta siamo stati proprio noi, o meglio quei 500 milioni del Lodo».

Anche il ventennio berlusconiano viene vissuto come un naufragio.

«Mi costringe a tornare sulla politica… Intanto il cosiddetto ventennio berlusconiano in realtà non è neppure un decennio, per il tempo restante ha governato la sinistra».

Fossero solo dieci anni non sono pochi, ma i fatti?

«I fatti ci sono, sono tanti, e le 40 riforme degli esecutivi Berlusconi stanno lì a dimostrarlo. Si poteva fare di più, fare meglio? Si può sempre fare di più e meglio. Ma quanto sia difficile governare questo Paese credo l’abbiano capito tutti».

Ogni governo lo dice.

«Beh, tenga conto che molte delle cose buone fatte sono state poi disfatte proprio dalla sinistra. Penso alla riforma istituzionale del 2005 ma anche, per esempio, alla legge Biagi o a quelle delle pensioni che ci avrebbero evitato lo choc della riforma Fornero. E poi bisogna porsi anche un’altra domanda: che cosa sarebbe successo se mio padre non fosse entrato in politica, e questo Paese fosse rimasto nelle mani della “gioiosa macchina da guerra”, libera di scorrazzare perché a spazzar via gli avversari aveva appena provveduto Tangentopoli?».

Si, ma fallendo una pretesa rivoluzione liberale. E lo dicono Bonaiuti, Bondi, ecc…

«Lasciamo stare i nomi, ma di fronte a questo resto allibita. Mi chiedo: ma questi signori dov’erano, che cosa facevano? Non li sfiora il sospetto di essersi dimostrati a dir poco inadeguati? E che senso ha ripetere che Forza Italia non ha un progetto politico?».

E quale sarebbe questo progetto politico?

«Resta quello di un Paese dove lo Stato sia al servizio dei cittadini e non viceversa, le libertà e i diritti individuali valgano davvero per tutti, dove la magistratura non assuma compiti che non le spettano, dove cittadini e imprese non siano soffocati da tasse e burocrazia. Non è un progetto politico questo? E chi potrebbe difendere i valori liberali se non Forza Italia e Silvio Berlusconi? Non penseremo mica a Renzi, solo perché non ha la foto di Togliatti in ufficio, o a qualcuno che è alla perenne ricerca del quid?»

Ce n’è anche per i «traditori»? Alfano e gli altri?

«Se di tradimento dobbiamo parlare, direi che queste persone hanno innanzitutto tradito se stesse e la propria storia. Consegnandoci una granitica certezza: l’unica cosa in cui sono grandi è la mediocrità. Il dissenso è ovviamente legittimo, ma ci sono anche i modi e i tempi giusti per esprimerlo. Quando poi si scopre che spesso dietro certe “nobili” prese di distanza ci sono in realtà soltanto faide di potere o fame di poltrone, il tutto diventa, se possibile, ancora più avvilente».

Idee chiare… Manca solo l’impegno in politica.

«Per la politica ho un grande rispetto, la seguo dall’esterno con attenzione, ma il mio posto è nelle aziende, questo è il lavoro che mi piace fare. E poi questa storia della trasmissione dinastica non mi ha mai convinto. La leadership non si eredita, bisogna sapersela costruire, passo dopo passo, nel tempo, con umiltà, sacrificio, passione. E soprattutto con rispetto: per se stessi e per gli elettori».

Niente Marina come Marine Le Pen?

«Lei è cresciuta a pane e politica. Io ho scelto un’altra strada. E sono soddisfatta della mia vita. Mi ha riservato molte fortune, sia nel lavoro che a livello personale. E la più grande è quella di avere un marito e dei figli come quelli che ho. Detto questo, so che nella vita non si può mai escludere nulla. Quindi, oggi è così. Un domani, se capitasse, la politica, chissà…».