La Cina frena più del previsto. Borse e petrolio in picchiata. I listini di Pechino cedono il 7% e sono bloccati. Il prezzo del barile crolla ai minimi dal 2004

di Carola Olmi

Il panico cinese ha contagiato le Borse di tutto il mondo. L’ultima mossa della Banca centrale di Pechino, che il giorno dell’epifania ha svalutato ancora una volta lo yuan ha convinto i grandi investitori che la frenata del colosso asiatico quest’anno sarà più violenta del previsto. Ed è partita una fuga senza precedenti dai listini asiatici, arrivati ieri a perdere il 7% a Shanghai nella sola prima mezz’ora di contrattazione. Un crollo che ha fatto scattare per la seconda volta in pochi giorni la chiusura automatica degli scambi. Inevitabili le ripercussioni in Europa, dove i mercati sono scesi in picchiata per tutta la mattinata, in linea con il nuovo calo ai minimi da oltre dieci anni del petrolio. Nel pomeriggio però è arrivata una parziale risalita, che ha coinviolto anche il barile. Piazza Affari ha chiuso così in ribasso solo dell’1,14% dopo esser scesa però sotto 20mila punti, ai livelli di fine gennaio 2015. Londra ha ceduto l’1,96%, Francoforte il 2,29% e Parigi l’1,72%.

MANGIATA LA MELA – Debole anche la partenza di Wall Street, dove continua ad essere un caso il titolo della Apple, che ha perso 40 miliardi di dollari di capitalizzazione in pochi giorni. Il bubbone però è a Pechino e in Asia in generelae, dove ci si sono messi pure i venti di guerra che spirano dalla Corea del Nord con la minaccia della bomba H. L’attesa di una minore produzione frena anche le aspettative sulla domanda di energia. E se la Cina, grande importatore di petrolio, alza bandiera bianca sono dolori per gli emiri e i produttori di greggio. Perciò il prezzo dell’oro nero è crollato fino a sotto i 30 dollari per i Paesi Opec, risalendo un poò nel pomeriggio di ieri.  Intanto, la Banca Mondiale ha rivisto al ribasso il Pil: 2,9%, uno 0,4% in meno rispetto a quanto previsto, proprio a causa della Cina.