Domon Ken, il dovere di mostrare. Il maestro del realismo giapponese all’Ara Pacis. Raccontò Hiroscima per obbligo umanitario

Italia e Giappone non potevano celebrare meglio i 150 anni di amicizia tra i due Paesi. Nella serie di eventi programmati nei due Paesi c’è anche la mostra aperta ieri sera al Museo dell’Ara Pacis, che porta per la prima volta fuori dai confini del Giappone una monografica dedicata ad uno dei fotografi più importanti della storia della fotografia moderna giapponese, considerato il maestro del realismo: Domon Ken (1909 – 1990). In mostra circa 150 fotografie, in bianco e nero e a colori, realizzate tra gli anni Venti e gli anni Settanta del ‘900, che raccontano il percorso di ricerca verso il realismo sociale. Dai primi scatti, prima e durante la seconda guerra mondiale, che mostrano la visione legata al fotogiornalismo e alla fotografia di propaganda, passando dalla fotografia di ambito sociale, la mostra ripercorre la produzione di Domon Ken fino all’opera chiave che documenta la tragedia di Hiroshima, alla quale il fotografo si dedicò come rispondendo ad una chiamata e ad un dovere umanitario. L’evento, promosso da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è organizzato da MondoMostre Skira con Zètema Progetto Cultura ed è curato da Rossella Menegazzo, docente di Storia dell’Arte dell’Asia Orientale all’Università di Milano e del Maestro Takeshi Fujimori, direttore artistico del Ken Domon Museum of Photography.

PASSATO E FUTURO – Domon Ken, considerato un maestro assoluto della fotografia giapponese e iniziatore della corrente realistica, segnò un capitolo epocale nella storia della fotografia giapponese del dopoguerra, facendo da base alla produzione fotografica contemporanea e rimanendo punto di riferimento a tutt’oggi per i circoli fotografici amatoriali giapponesi. Domon sosteneva che “la dote fondamentale di un’opera di qualità sta nella connessione diretta tra la macchina fotografica e il soggetto”. Il Maestro era, infatti, sempre alla ricerca di una immagine del tutto realistica, priva di drammaticità. Sullo sfondo dello spirito rinfrancato del dopoguerra, rivolgeva lo sguardo alla società in generale e alla vita quotidiana: “sono immerso nella realtà sociale di oggi ma allo stesso tempo vivo le tradizioni e la cultura classica di Nara e Kyoto; il duplice coinvolgimento ha come denominatore comune la ricerca del punto in cui le due realtà sono legate ai destini della gente, la rabbia, la tristezza, la gioia del popolo giapponese”. L’opera di Domon Ken può essere definita autobiografica, una documentazione privata prima che sociale, selezionata sempre con criteri personali che trasformano lo scatto in un momento di dialogo con il soggetto.