Dopo la pandemia si rischia pure la carestia. Allarme dell’Onu: 130 milioni di persone nel mondo ridotte alla fame

Dopo le drammatiche stime degli organismi internazionali, dal Fondo Monetario internazionale, fino al nostro ufficio di bilancio parlamentare, che ha paragonato la crisi economica globale post coronavirus a quella del ’29 – arrivano anche le “catastrofiche” previsioni dell’Onu. Secondo il direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (Pam), David Beasley (nella foto), il mondo potrebbe essere chiamato a fronteggiare carestie di “proporzioni bibliche” nei prossimi mesi: a causa degli strascichi della pandemia 130 milioni di persone in tutto il pianeta potrebbero essere ridotti alla fame. Nel peggior scenario possibile oltre 30 paesi potrebbero essere colpiti da una carestia e paventa “il pericolo reale che molte più persone muoiano a causa delle conseguenze economiche del Covid-19 piuttosto che a causa del virus stesso”.

Uno scenario apocalittico, ma il Pam aveva già lanciato l’allarme sulla possibilità che il 2020 si fosse potuto rivelare un anno devastante per numerosi paesi già messi in ginocchio dalla povertà o dalla guerra, con 135 milioni di persone a rischio. La pandemia non ha fatto altro che confermare e peggiorare le stime già di per sé drammatiche. Nel suo ultimo rapporto annuale l’Onu ha identificato i 55 paesi più a rischio, nei quali i sistemi sanitari non reggerebbero all’impatto della pandemia. In testa vi sono Yemen, Repubblica democratica del Congo, Afghanistan, Venezuela, Etiopia, Sud Sudan, Sudan, Siria, Nigeria e Haiti: la maggior parte di tali paesi sono stati finora risparmiati dal coronavirus, ma se dovesse trasmettersi in questi paesi i risultati potrebbero essere devastanti.

“Le misure restrittive e la recessione economica possono portare a un’enorme perdita di fonti di finanziamento tra i Paesi più poveri”, ha osservato Beasley, ricordando anche come le rimesse dall’estero siano destinate a diminuire significativamente, con un impatto negativo su paesi come Haiti, Nepal e Somalia. “Il crollo del settore turistico danneggerà inoltre paesi come l’Etiopia e il calo dei prezzi del petrolio si rifletterà negativamente su produttori come il Sud Sudan”, ha aggiunto il direttore esecutivo del Pam, invitando gli Stati membri dell’Onu a prepararsi e agire subito”: “Potremmo dover fronteggiare una serie di carestie di proporzioni bibliche nel giro di pochi mesi”.