Duro colpo alla ‘ndrangheta vibonese

Maxi operazione della Polizia contro la 'ndrangheta in diverse regioni. Oltre 250 milioni di euro il valore dei beni sottratti.

Duro colpo alla ‘ndrangheta vibonese

Alle prime ore di questa mattina, a Vibo Valentia, Catanzaro, Reggio Calabria, Palermo, Avellino, Benevento, Parma, Milano, Cuneo, L’Aquila, Spoleto e Civitavecchia, gli investigatori della Polizia hanno eseguito un’ordinanza di misure cautelari disposte a carico di 56 soggetti legati alla ‘ndrangheta.

Maxi operazione della Polizia contro la ‘ndrangheta in diverse regioni. Oltre 250 milioni di euro il valore dei beni sottratti

Gli indagati sono gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, sequestro di persona, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza con violenza e minaccia e traffico di influenze illecite, aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, nonché di corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione e al riciclaggio di macchine agricole, aggravate dalla transnazionalità e dall’agevolazione mafiosa.

Tra gli arrestati anche un ex assessore regionale e due funzionari della prefettura di Vibo Valentia

Tra gli arrestati dell’operazione contro la ‘ndrangheta, coordinata dalla Dda di Catanzaro diretta da Nicola Gratteri, compare anche il nome dell’ex assessore regionale calabrese e imprenditore, Francescantonio Stillitani, e quello del fratello Emanuele. Coinvolti anche due funzionari della Prefettura di Vibo Valentia, Rocco Gramuglia e Michele Larobina, quest’ultimo già coinvolto nell’indagine “Rinascita-Scott”.

L’inchiesta ha riscontrato la piena operatività delle articolazioni di ‘ndrangheta egemoni sulla “Costa degli Dei” e federate all’organizzazione mafiosa dei “Mancuso”, delineando le strategie che, ad oggi, mantengono ancora in equilibrio il sistema criminale, in grado di gestire aderenze ed “entrature” a vari livelli. Le indagini, ha riferito la Polizia, hanno consentito di focalizzare, in particolare, l’operatività della ‘ndrina “La Rosa”, attiva prevalentemente nell’hinterland di Tropea, documentando il pervasivo controllo del territorio e la consolidata prassi estorsiva avviata dal gruppo in danno di strutture ricettive e di cantieri di edilizia pubblica e privata.

“A tal riguardo – affermano gli investigatori in una nota -, le attività hanno cristallizzato la filiera comunicativa ed economica che ha consentito al sodalizio di consolidare la propria posizione all’interno dell’organigramma criminale della “Provincia”, documentando la consegna di “pizzini” e di denaro contante destinato al “Crimine”, vertice dell’organizzazione ‘ndranghetistica vibonese”.

L’inchiesta ha documentato la piena sinergia dei membri della “famiglia” tropeana con l’articolazione ‘mbrogghia dei Mancuso e con gli esponenti di vertice della ‘ndrina Accorinti di Zungri, “facendo emergere anche l’accurata policy di investimento che ha caratterizzato l’approccio delle consorterie mafiose locali nella fase di subentro di un tour operator estero nella gestione di un noto villaggio turistico di Pizzo Calabro (VV)”.

L’inchiesta della Dda di Catanzaro ha inoltre provato “infiltrazione negli asset imprenditoriali grazie alla predisposizione di una clausola contrattuale appositamente ideata allo scopo di dissimulare il versamento di tangenti, ovvero con il progressivo subentro nella fornitura di beni e servizi”.

Emerso anche il ruolo di una serie di intermediari “preposti a garantire l’accreditamento dell’investimento estero presso i vertici della criminalità organizzata, incentivando l’attuazione del progetto grazie ad una serie di aderenze con soggetti vicini al management del Dipartimento Turismo della Regione Calabria, allo scopo di favorire l’aggiudicazione di fondi pubblici”.

Da ultimo, “è stata documentata l’esistenza di un articolato sodalizio dedito al traffico internazionale di mezzi d’opera asportati in Italia e destinati all’estero (in particolare Malta e Romania), evidenziando la capacità dei vertici dell’associazione mafiosa di imporre la restituzione dei veicoli asportati in danno di imprenditori “protetti”, così consolidando forme di contiguità e consenso in capo alle vittime dei furti”.

Per il direttore centrale Anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina, “la poderosa operazione di polizia giudiziaria ha consentito di smantellare un’agguerrita consorteria mafiosa riconducibile al crimine di ‘ndrangheta vibonese, da almeno 4 anni costantemente impegnata nella massiva consumazione di diversi delitti, con il conseguente inquinamento dell’economia locale, finendo cosi con il condizionare la libertà economica e commerciale dell’intero tessuto sociale del litorale e delle aree prossime alla rinomata località turistica di Tropea”.

Messina: “Colpiscono la totale assenza di denunce e le azioni dei pubblici funzionari coinvolti”

“Colpiscono – ha aggiunto il dirigente della Polizia riferendosi all’operazione contro la ‘ndrangheta compiuta oggi -, a fronte della consistente attività estorsiva consumata dalla struttura mafiosa disarticolata nei confronti di numerosissime imprese locali, sia la totale assenza di denunce all’Autorità Giudiziaria, di fatto costituente una cessione di libertà economica da parte degli estorti nei confronti degli estorsori, che l’azione facilitativa ad opera di pubblici funzionari coinvolti nelle indagini in quanto prossimi all’organizzazione investigata”.

Ammonta a 250 milioni di euro il valore dei beni sottoposti a sequestro preventivo

Per il direttore centrale Anticrimine della Polizia di Stato, l’enorme ammontare (250 milioni di euro) del valore dei beni sottoposti a sequestro preventivo perché riconducibili alle attività illecite dell’associazione mafiosa, “conferma la potenza economica di una cosca di ‘ndrangheta finalmente colpita anche nei suoi interessi economici oltre che militari”.

 

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