Ecco le ragioni degli attivisti di Ultima Generazione

Per Bjork Ruggeri, attivista di Ultima Generazione, le ultime azioni sono senza alternative finché la politica rimane sorda.

Ecco le ragioni degli attivisti di Ultima Generazione

Bjork Ruggeri è un’attivista di Ultima Generazione che in questi mesi ha preso parte alle azioni del gruppo di attivisti di cui si parla molto in questi giorni. C’era anche lei nel gruppo che ha imbrattato (con vernice lavabile che è già stata tolta) la facciata del Senato, provocando l’indignazione di buona parte della politica. Tre attivisti (Davide Nensi, Alessandro Sulis e Laura Paracini) sono stati arrestati (e in seguito rilasciati) e sono accusati di danneggiamento. Gli attivisti avevano chiesto di derubricare il reato a semplice imbrattamento. Il giudice ha ritenuto giusto respingere la richiesta preliminare della difesa di derubricare l’accusa a imbrattamento, dando il via a un procedimento che prevede punizioni molto più gravi, in caso dicondanna. Il processo riprenderà il 12 maggio.

Al di là delle polemiche proviamo a tornare ai fatti e ai contenuti: perché gli attivisti di Ultima Generazione stanno protestando? Qual è l’allarme?
“Tutte le nostre azioni sono fatte per lanciare un allarme preciso: c’è in corso un’emergenza, una crisi climatica. L’Onu, non noi, dice che non c’è un modo credibile per cui entro fine secolo eviteremo l’aumento delle temperature e danni irreversibili. Se non agiamo ora per limitare questi danni rischiamo un futuro invivibile. Stiamo chiedendo al governo delle cose già decise, degli impegni presi e non rispettati: non riaprire le centrali a carbone, dismetterle entro il 2025 come deciso alla Cop26, attivare energie rinnovabili come eolico e solare”.

Come giudicate la reazione delle istituzioni e le parole delle massime cariche dello Stato? È legale ciò che è accaduto?
“La nostra è disobbedienza civile, non violenza. Sappiamo che le nostre azioni creano disturbo, infastidiscono. Sempre in maniera non violenta. E creiamo disagio senza fare male a nessuno. Da una parte è assurdo pensare che della vernice possa sconvolgere più dell’emergenza climatica e dei morti che ci sono e che ci saranno. D’altra parte non potevamo aspettarci altro da politici che non stanno facendo nulla. Sappiamo di fare azioni che infrangono la legge ma infrangiamo la legge di un governo che infrange una legge più grande, quella morale di proteggere i suoi cittadini. Tra l’altro parliamo di imbrattamento (non c’è stato nessun danneggiamento) e l’arresto non è obbligatorio. Invece abbiamo subito una vera e propria repressione. Siamo addirittura pedinati, scortati a casa”.

In molti sostengono che le proteste di questo tipo “allontanano gli ambientalisti più moderati”: bloccare le strade, imbrattare le opere d’arte e i palazzi delle istituzioni. Come rispondete?
“È sbagliato dire che i nostri metodi allontanano altri ambientalisti o movimenti. L’emergenza la stiamo vedendo tutti. Non si può non essere d’accordo con la questione. Chiaramente praticando disobbedienza civile non pretendiamo di essere amati da tutti, anzi rientra nei nostri metodi creare una polarizzazione. Con questa ultima azione si sono avvicinati altri movimenti a noi, come Fridays for Future che ci ha sostenuto”.

Ma esiste, secondo voi, un modo “giusto” per protestare?
“Io credo che non ci sia un metodo che funzioni al 100%. Quello che dobbiamo fare è fare tutto quello che è in nostro potere chiedere azioni, ognuno a proprio modo, ognuno scegliendo. Il modo giusto per protestare è farlo”.

Cosa dovrebbe fare la politica?
“Mantenere gli impegni. Dovremmo attivare entro il 2030 70 GW di energie rinnovabili per rispettare gli obiettivi. Siamo in ritardo di 124 anni, coi tempi che ci stiamo mettendo. A luglio l’Europa ha aperto un’infrazione”.

La politica vi ascolta?
“In occasione del nostro sciopero della fame Verdi e Sinistra italiana ci hanno espresso solidarietà ma non siamo stati ascoltati”.

Ora cambia qualcosa per voi? Cambierete strategia? Avete nuove iniziative?
“Continueremo con la disobbedienza non violenta. Non escludiamo di aumentare il conflitto, il numero di azioni e il livello di pressione. La strategia rimane la stessa. Continueremo, sempre di più”.