L'Editoriale

In Afghanistan ci torni Gasparri

Buttati via vent’anni di missione militare in Afghanistan la politica italiana deve decidere che fare dopo il disastro di Kabul.

In Afghanistan ci torni Gasparri

Buttati via vent’anni di missione militare in Afghanistan, con annessi 53 morti e un fiume di miliardi, la politica italiana deve decidere che fare dopo il disastro di Kabul. Insieme ai poveri disgraziati che avevano creduto nelle promesse dell’Occidente, e adesso se la vedranno con la vendetta dei talebani, gli Stati Uniti hanno lasciato al loro destino pure la coalizione internazionale, su cui inevitabilmente ricadrà la nuova emergenza umanitaria.

Due le strade prevalenti: autorizzare subito dei corridoi per mettere in salvo i profughi, se possibile concordando le modalità con l’Europa, oppure far finta di essere solidali e limitare il più possibile gli arrivi. Su questo terreno hanno già cominciato a confrontarsi da una parte il Centrodestra – che per primo mandò le nostre truppe a Herat e ora con Salvini mette già un tetto all’accoglienza – e dall’altra i 5 Stelle, con iniziative generose come quella della Raggi (leggi l’articolo) e dei sindaci che hanno offerto tutto ciò di cui dispongono.

E dire che tendere la mano a chi fugge dal nuovo regime (poi vedremo quanto sarà tollerante come promette) al di là del gesto di carità cristiana è l’unico modo per dimostrare a quella parte del mondo ostaggio dei fondamentalismi che i nostri valori e le nostre promesse non sono solenni prese in giro.

A fianco di queste ipotesi, ieri però mi è capitato di sentirne un’altra (qui il video), promossa dal senatore Maurizio Gasparri, secondo cui dovremmo rispedire i militari lì dove se ne sono appena andati, con un esercito europeo che non c’è e anche senza l’appoggio degli americani. Vedi a volte il sole che effetti fa.