Autostrade per l’Italia aveva così tanti sospetti sulla sicurezza del ponte Morandi da aver chiesto già nel 2003 un preventivo per demolirlo. A rivelarlo è stata la stessa società che ieri ha fatto esplodere i piloni risparmiati dal crollo dell’anno scorso. Non bastassero i 43 morti, i feriti, la cicatrice lasciata su Genova e sull’immagine di tutto il Paese, l’evidente carenza nella manutenzione (anche se per i Benetton, azionisti di controllo della concessionaria autostradale, la tragedia è stata una “disgrazia”), il nuovo dettaglio basterebbe da solo a far pretendere la risoluzione del contratto con cui i signori del Casello guadagnano ogni anno miliardi. Dai partiti politici ai giornaloni, invece, non solo tutto tace, ma assistiamo alla mutazione genetica di tanti opinionisti perennemente indignati (a inchieste alterne) in avvocati di Atlantia, la holding che vuol dire Autostrade e in cima a tutto Benetton. A tenere il punto resta solo il Movimento Cinque Stelle, con il ministro dei trasporti Toninelli, che gli stessi giornaloni provano da un anno a ridicolizzare con ogni scusa, e il vicepremier Di Maio, che ha sgomberato il campo da ogni equivoco su un inaccettabile baratto: il perdono per i morti di Genova in cambio di un investimento in Alitalia. Tra un mese e mezzo sarà trascorso un anno dal crollo e vedremo chi andrà a portare un fiore. I Benetton non si fecero vedere nemmeno nei giorni del disastro, Salvini continua a parlare di Atlantia come di una risorsa per il Paese (sicuramente per la Spagna dove ha investito dopo l’ultimo aumento delle tariffe autostradali in Italia), il governatore Toti, di Forza Italia, fa a gara col Pd nel rilasciare dichiarazioni che non disturbino il concessionario. Eppure è difficile non condividere che una tale tragedia non si può oscurare, come ha detto pure ieri il premier Conte dal G20. Le vittime e tutti gli italiani hanno diritto perciò a ben altro che parole di circostanza, ma alla cancellazione senza alcuna penale di un contratto non rispettato. Torniamo a far rispettare lo Stato, come pretendiamo di difenderlo dagli abusi delle Ong o delle multinazionali arrivate a minacciare il Governo pur di ottenere diritti feudali come l’immunità penale.
L'Editoriale