L'Editoriale

Un brutto vento d’odio sul paese

Tutto potevo immaginare nella vita tranne di essere definito fascista da una cheerleader di Salvini. È successo durante una trasmissione televisiva, dove il direttore de La Verità...

Un brutto vento d’odio sul paese

Tutto potevo immaginare nella vita tranne di essere definito fascista da una cheerleader di Salvini. È successo durante una trasmissione televisiva, dove il direttore de La Verità – nome che già dice tanto – pretendeva di farmi uscire dallo studio, così da poter continuare a dire indisturbato le sue corbellerie. Nel mirino aveva il ministro Speranza, trasformato nell’oppio degli imprenditori a cui la Lega aveva promesso un bengodi di ristori una volta mandato a casa Conte e ottenuta una manciata di poltrone.

Ora, poiché con il governo Draghi i sostegni sono meno di prima, proprio per la decisione del Carroccio di dividere in più fette la torta delle risorse disponibili, si prova a scaricare la colpa sul perfido ministro della Salute che si oppone a riaprire palestre e ristoranti per chissà quale forma di sadismo, e non perché così si alimenterebbe di nuovo la pandemia, vanificando tutti i sacrifici fatti sinora.

Quando le persone non hanno più spazio in cui far buchi nella cinta, certi argomenti sono colla a presa rapida, e nonostante l’evidente sciocchezza scatenano pulsioni violente. Così a Speranza sono cominciate ad arrivare minacce di morte, esattamente come a me arrivano promesse di schiaffi e avvertimenti a guardarmi le spalle per strada. Nulla che mi spaventi davvero, ma soffiare sul fuoco della piazza in questo momento di disagio sociale ed economico è un gesto vigliacco prima ancora che irresponsabile.

Certa politica purtroppo ci ha abituato a ogni tipo di cinismo, ma da chi fa informazione per professione questo è intollerabile. Amici dei fascisti a parte.

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