Se non le avessimo lette nero su bianco stenteremmo a credere che certe notizie non siano frutto di una botta di calore. Ché peraltro, con le temperature sahariane degli ultimi giorni, potrebbe pure essere. Certo, sull’ultima performance di Ursula bomb der Leyen, che ha ospitato a Bruxelles un pranzo di lavoro con un menù a base di riarmo, qualche dubbio rimane.
Al tavolo, con la padrona di casa, sedevano Hendrik Wüst, ministro-presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia, e dodici amministratori delegati delle maggiori industrie tedesche, compreso il colosso bellico Rheinmetall. La notizia è rimbalzata in Italia grazie a un post del senatore M5S Stefano Patuanelli che, criticando “l’uso spudoratamente fazioso” della carica da parte della presidente della Commissione Ue, ha tirato le somme: “Il riarmo europeo, insieme all’obbligo del 5%” del Pil in spese militari fissato dalla Nato, “è stato un enorme favore alla Germania, che si prepara a riconvertire la sua economia” per uscire dalla recessione a spese degli altri Paesi Ue.
Compresa l’Italia, dove intanto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, continua a sbracciarsi per ribadire che le spese militari non sono un peso, ma un’opportunità per il Paese (resta il dubbio se si riferisse all’Italia o alla Germania, ma pazienza). “La difesa può essere una risorsa anche quando si sceglie di investire di più”, ha giurato il ministro. Specie se “le spese per la difesa non restano confinate all’ambito militare”, perché “svolgono una funzione di tutela delle istituzioni democratiche, ma al tempo stesso generano valore economico, coinvolgono territori, rafforzano il tessuto industriale e tecnologico, e creano nuove alleanze tra Paesi amici”.
Pazienza se, per investire di più in armi avremo meno posti letto, liste d’attesa più lunghe in sanità e meno welfare. Magari ci cureremo con la polvere da sparo al posto della penicillina e arruoleremo i nostri figli in età prescolare per compensare la carenza cronica di asili. Il gran finale è arrivato da Tel Aviv: il ministro della Giustizia, Yariv Levin, ha parlato apertamente di annessione della Cisgiordania. Come Putin per il Donbass. Ma tranquilli, stavolta nessuno armerà l’aggredito contro l’aggressore Israele.