Il Governo ha promesso che non si attaccherà a qualche decimale in più di deficit, aprendo al diktat di Bruxelles sui conti, e il mercato ci ha tirato subito un osso, facendo riscendere un po’ lo spread, mentre gli investitori si ricoprivano in Borsa, soprattutto sui titoli bancari, riportando per qualche ora l’euforia a Piazza Affari. Buon segno, ma non buonissimo, perché tutto questo è legato alla convinzione che alla fine l’Italia verrà ai miti consigli della Commissione, annacquando o posticipando a chissà quando le misure bandiera di 5 Stelle e Lega: il Reddito di cittadinanza e la quota cento, oltre a un primo assaggio del taglio delle tasse. Dunque chi ha gioito di questo calo dello spread – in ogni caso positivo – metta in conto che il prezzo di tale “concessione” è un sostanziale dietrofront su quelle azioni shock con le quali le forze del cambiamento hanno promesso di far ripartire il Paese. Continuare in una logica di muro contro muro – si dirà – rischiava di costare moltissimo, come certificato dalla Banca d’Italia, in termini di interessi a servizio del nostro imponente debito pubblico. Osservazione indiscutibile, ma rinunciando a riforme dirompenti possiamo scordarci sin da adesso quella crescita di cui abbiamo bisogno. Un obiettivo, quest’ultimo, per il quale gli elettori hanno dato un mandato preciso ai loro rappresentanti in Parlamento. Ieri perciò più che per l’Italia è stato un buon giorno per i mercati e per l’Europa, dove tutti sanno che il debito italiano è un problema nostro, ma inevitabilmente anche loro.
L'Editoriale