L'Editoriale

C’è più Giustizia al mare

Il 12 giugno, quando si voterà anche per i referendum sulla Giustizia, il Paese preferirà largamente le cabine balneari a quelle dei seggi.

Si può peggiorare qualcosa di così mal messo come la Giustizia italiana? Purtroppo sì, e il Paese che ha già mangiato la foglia il 12 giugno preferirà largamente le cabine balneari a quelle dei seggi. Ciò nonostante sentiamo un mucchio di baggianate dai (pochi) sostenitori di un referendum che mischia in un pericoloso fritto misto i problemi loro e della magistratura.

Purtroppo chi doveva occuparsi in Parlamento di far funzionare i tribunali non l’ha fatto per decenni, e non è un caso che a raccogliere le firme sia stata la Lega, cioè il partito da più anni alle Camere e che sulla Giustizia ha espresso ministri, vice e sottosegretari. Dietro i tecnicismi delle cinque domande, il cuore della faccenda è però la mutilazione della legge Severino, che impedisce ai politici condannati per aver rubato allo Stato di continuare a farlo, ricandidandosi.

Questa norma, mortale per i corrotti, fu approvata anche da chi ora vuole cancellarla su pressione dei 5 Stelle. Adesso che però il clima è di normalizzazione si tenta di sopprimerla, così da smettere di perdere posizioni nella classifica dei Paesi più corrotti al mondo. Micidiale anche il quesito dalla carcerazione preventiva, che diventerebbe impossibile per i cosiddetti reati non abietti, tipo lo stalking, con tanti saluti a chi poi straparla sui femminicidi.

Gli stessi che gettano sulle spalle dei cittadini la responsabilità delle correnti giudiziarie, quando le hanno difese bloccando la riforma Bonafede col sorteggio dei togati al Csm. La Giustizia dunque va certamente migliorata, ma con questi referendum il miglior contributo che possiamo dare è di andare al mare.