L'Editoriale

Conte vuole i soldi ma non il Mes. Giusto, però rischiamo una trappola

Scusate la mia brutta abitudine, per cui quando vedo la bava sparsa a fiumi su tv e giornali mi si alza il sopracciglio e sento puzza di bruciato. La brillantissima presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde completamente riabilitata per aver messo una pezza al buco fatto da lei stessa, è un caso tipico della grande stampa nazionale, che se proprio è costretta a dare uno scappellotto al potente di turno poi si precipita a chiedere scusa. La Bce, dopo aver provato a sfilarsi dalla guerra che l’Europa e il mondo stanno combattendo con la pandemia, dimostrando di non aver capito un tubo di quanto sta accadendo, ha fatto marcia indietro con un piano da 750 miliardi che ha dato un po’ di respiro ai mercati, ma è meno della metà rispetto alle misure prese con più velocità negli Stati Uniti.

Ora è chiaro che le decisioni della Banca centrale europea non sono prese solo dalla Lagarde, ma se la presidente non ha la forza di imporsi sui falchi del rigore nella spesa se ne assume la responsabilità, e per lo meno evitiamo di dirle quant’è brava per il solo fatto che spread e Borse hanno recuperato qualcosa di quanto si è perso solo nelle ultime due settimane. Allo stesso modo facciamo attenzione a cosa bolle in pentola a Bruxelles, dove Ursula von der Leyen presiede la Commissione anche grazie ai voti del Movimento Cinque Stelle, sulla base dell’impegno a voltare pagina con l’austerità del passato.

Sostenuta dalla sua maggiore sponsor, Angela Merkel, e dal presidente francese Emmanuel Macron, la von der Leyen sta inviando segnali molto netti in termini di sostegno ai Paesi e all’economia messi in ginocchio dal coronavirus. L’immediato via libera al decreto Cura Italia da 25 miliardi in deficit, la retromarcia imposta alla Lagarde dopo la prima uscita a vuoto che aveva fatto crollare i mercati, e adesso la sospensione del Patto di stabilità sono tutte misure giuste che ci fanno sperare in un’Europa più solidale e utile ai popoli.

Le stesse resistenze che hanno frenato la Bce sono però fortissime anche a Bruxelles e nel vero organo decisionale, che è il Consiglio d’Europa, dove a prendere le decisioni che contano sono i capi dei governi dei Paesi Ue. Da qui deve passare l’importantissima proposta di Giuseppe Conte, che vuole utilizzare i fondi accantonati per il Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, senza però sottostare ai vincoli di questo stesso strumento. Insomma, ci prendiamo i soldi (vale per tuti gli Stati) perché è adesso che la casa brucia e ci servono, ma non alle condizioni per le quali questi soldi sono stati accantonati.

L’idea è ragionevole, sicuramente di buon senso, e Conte ha già l’adesione di alcuni Paesi favorevoli a finanziare così i Covidbond, ma è anche rischiosa perché sarà quasi impossibile mettere tutti d’accordo e ci manca di cadere nell’ennesima trappola di un trattato europeo scritto con la pistola puntata alla tempia. Infatti, se ora più che mai abbiamo bisogno tutti dell’Europa, ancor di più c’è bisogno che ciascuno possa controllare le azioni, cosa che è in totale antitesi con la cessione di sovranità con cui sono stati impostati il Mes e la sua riforma, per il momento solo rinviata.

Su questo aspetto adesso c’è solo una sentinella rimasta a vigilare, perché i sovranisti Salvini e Meloni in Europa non contano nulla, avendo soprattutto il primo scelto di sterilizzare in un’inutile opposizione la montagna di voti presa alle elezioni. Sia Berlusconi che il Pd, seppure su sponde diverse, fanno parte delle tradizionali famiglie politiche europee che quel Mes hanno orchestrato e con il quale hanno già strangolato la Grecia. Al contrario i Cinque Stelle stanno nella parte dell’Europarlamento che conta (anche se questo è costato caro elettoralmente), ma da qui possono presidiare la proposta di Conte, perché sia l’opportunità a cui punta il premier, e non la corda con cui ci hanno già stretto il collo e che i falchi amici della Lagarde non vedono l’ora di tirare ancora di più.