L'Editoriale

Così Giorgia ci porta nel baratro

Così Giorgia Meloni ci porta nel baratro

Così Giorgia ci porta nel baratro

Prima di mettere nero su bianco la sua seconda manovra finanziaria il governo farebbe bene a verificare se ha fatto bene con quella precedente. Proprio ieri l’Istat ci ha detto che il Pil del secondo trimestre è in calo dello 0,4%, a luglio gli occupati sono scesi (-73mila) e l’inflazione nel carrello della spesa resta intorno al 10%. Per circa tre milioni di italiani i dati sono però ben peggiori, perché l’unica fonte di sopravvivenza, o l’integrazione ai guadagni minimi, è sparita col Reddito di cittadinanza.

Insomma, esaurita la spinta economica degli esecutivi precedenti ci troviamo più in difficoltà di quasi un anno fa, quando la Meloni entrò a Palazzo Chigi sull’onda di promesse elettorali irrealizzabili. Logica vorrebbe che sbagliando si impari, ma l’aria che tira sulla manovra in costruzione è insalubre. Facendo tutto il contrario di altri Paesi – come la Germania che punta su welfare, sanità, affitti calmierati e salario minimo – qui si pensa a tagli alla spesa e austerità. Niente di diverso dalle ricette di Monti e Draghi, contro cui Fratelli d’Italia ha sempre fatto opposizione, o ha finto di farla.

Ora si dice che non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta, ed è generoso che M5S e Pd continuino ad offrire consigli per migliorare la manovra, ma alla Meloni piace sbagliare da sola, lasciando a bocca asciutta persino i suoi alleati. Che intanto continuano a prenderci in giro promettendo aumenti alle pensioni con Tajani e di tutto un po’ con Salvini. Balle che tra qualche mese spariranno, per colpa – ci diranno – di qualcun altro. Al solito.