L'Editoriale

Da Conte una grande lezione per Salvini

Se vale ancora la regola per cui i magistrati non possono parlare delle indagini in corso, il capo della Procura di Bergamo Maria Cristina Rota continua a fare come le pare, e dopo aver sentito il premier Conte e i ministri Lamorgese e Speranza ieri ha smentito se stessa, affermando di non aver dato al Governo la colpa della mancata zona rossa nei Comuni di Nembro e Alzano, i due focolai di Covid nella Val Seriana. Quella valutazione, espressa alcuni giorni fa ai microfoni delle tv, e dunque pesantissima anche per le ricadute politiche, era la conclusione in quel momento parziale di un procedimento che si presta a una penosa strumentalizzazione politica, purtroppo inevitabile quando il livello dei partiti di opposizione all’Esecutivo e dei loro giornalisti da riporto è il più becero di sempre.

Adesso la nuova versione della Rota “assolve” Palazzo Chigi, come d’altra parte appare evidente semplicemente leggendo la legge 883 del 1978 istitutiva dei poteri delle Regioni in ambito sanitario, e ripercorrendo gli eventi di quei giorni caotici tra fine febbraio e la prima settimana di marzo, quando i virologi dicevano tutto e il contrario di tutto e ciò malgrado il nostro Governo fu il primo in Europa a decidere il completo lockdown del Paese. Tutto questo però non ha impedito a Matteo Salvini di tornare a difendere ancora ieri il governatore della Lombardia Fontana, latitante insieme al suo assessore Gallera mentre altre Regioni istituivano decine di zone rosse e arancioni. Solo dopo aver contato una montagna di morti Gallera venne a sapere di avere i poteri per bloccare le aree ad alto tasso di contagio.

Al contrario, Salvini non ha ancora imparato che differenza c’è tra gli uomini delle istituzioni come Conte e i responsabili del Viminale e della Salute, che hanno risposto solertemente ai magistrati, e se stesso che invece da ministro dell’Interno non trovò mai il tempo per recarsi in audizione alla Commissione parlamentare antimafia o in Senato, dove i colleghi avrebbero voluto fargli qualche domandina sull’oro di Mosca e gli affari del suo collaboratore Savoini.