L'Editoriale

Di Maio è il capro espiatorio di un tracollo elettorale che non ha un solo padre

Chi avrebbe immaginato Salvini amico di Di Maio più di tanti notabili Cinque Stelle, ieri solo in parte usciti allo scoperto dopo che Grillo e Casaleggio hanno impedito il sacrificio del capo politico del Movimento, evidente capro espiatorio di un tracollo elettorale che non ha un padre solo?

La vicinanza del vicepremier leghista al collega 5S è chiaro che ha dietro un interesse, visto che l’ipotetica caduta di uno dei due contraenti del patto di governo farebbe saltare l’Esecutivo e porterebbe subito a nuove elezioni, in quanto l’attuale composizione parlamentare non consente altre maggioranze.

Un epilogo che non entusiasma il leader leghista, perché malgrado il consenso strepitoso raccolto alle Europee, vincere da solo (o con l’aiutino della Meloni) le elezioni politiche è tutt’altra cosa, a meno di accontentarsi di occupare Palazzo Chigi scortato da Berlusconi. Pifferai e novelli strateghi della politica, però, non hanno badato al fatto che a queste elezioni il Movimento arriverebbe nel suo momento peggiore, e pur di lavare le loro responsabilità, e incapacità, hanno aperto un inutile processo a Di Maio, trasformando i militanti sulla piattaforma Rousseau in una giuria popolare che verosimilmente esprimerà un plebiscito in favore dell’imputato.

Dunque, visto che il capo politico non sarà cacciato, anche chi ne ha chiesto la testa va trattato con la stessa moneta. Il Movimento ha bisogno di energie, e non di perderne, per proseguire nel cambiamento del Paese. Ma se non si rema tutti nella stessa direzione la barca non va avanti. Chiunque ci sia al timone.