Un’avvertenza preliminare: nelle prossime 20 righe c’è una boiata pazzesca. Eppure ieri pomeriggio un’agenzia di stampa ha diffuso questa informazione, che riportiamo pedissequamente: “…all’interno della galassia Cinque Stelle si preannuncia una eventuale scissione da parte di Luigi Di Maio. Secondo le ultime voci di dentro del Movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, e ora coordinato da Vito Crimi, se non dovesse riuscire a riacciuffare la leadership, il ministro degli Esteri piuttosto che finire in minoranza agli Stati generali non escluderebbe di fondare una sorta di Di Maio party, un rassemblement in stile Macron (sì, Macron, il leader ideale dei 5S, ndr), al quale è già prevista l’adesione di almeno 50 deputati e una decina di senatori. E secondo alcuni parlamentari Cinque Stelle si potrebbe addirittura assistere a una battaglia giudiziaria per il controllo del simbolo M5S tra ortodossi e scissionisti”.
Ora, basterebbe guardare il calendario per rendersi conto che il Carnevale è finito, ma se dimostrare il contrario servisse a buttare altro fango sul Movimento, uno stuolo di piscia inchiostro riuscirebbe a inventarsi che quest’anno il mercoledì delle ceneri è saltato, magari con la scusa del Coronavirus che sta bene su tutto: fare un governissimo per cacciare Conte, bloccare il referendum per non dare un dispiacere ai 345 deputati e senatori che stanno perdendo la poltrona, offrire l’unica exit strategy possibile a Renzi.
Dopo aver messo la maggioranza in croce per settimane, il leader di Italia viva non aveva altra scelta che uscirne, e invece in nome dell’epidemia ora può restarne dentro facendo finta che non sia successo niente, che il suo partitello non abbia votato a raffica con le opposizioni, e che al solito suo non abbia tradito gli accordi per proseguire la legislatura con un Esecutivo con un premier diverso. Così la disinformazione continua ad alimentare il distacco degli elettori dall’unica forza politica che non ha santi in Paradiso nelle tv e nelle redazioni dei giornali, con pochissime eccezioni che peraltro il sistema fa di tutto per arginare.
Un colpo mortale per chi vive del solo voto di opinione, come vediamo dal momento del peccato originale: la vittoria alle elezioni di due anni fa superando Destra e Sinistra, cioè chi a turni alterni ci governa da sempre e da sempre fa prima i propri interessi e poi, se ci avanza qualcosa, molla un osso agli italiani. Un fuoco di fila che ha massacrato l’immagine del Movimento e allontanato moltissimi elettori. Perciò – per stare all’ultimo caso – c’è davvero poco da stupirsi se alle elezioni suppletive prima a Napoli e domenica scorsa a Roma i candidati M5S hanno raccolto pochi voti, facendo festeggiare quei partiti e i loro giornali di complemento con affermazioni definitive, del tipo: Cinque Stelle “evaporati” o “finiti”, che non si sa mai che da forma gassosa si ripresentino.
Le fantasie, o meglio, le bugie di chi racconta di un “Di Maio party” senza sapere praticamente nulla del Movimento di cui si parla, presentano però un prezzo, e la delusione che evidentemente c’è tra molti sostenitori e portavoce in Parlamento fa il gioco di chi vuole chiudere i conti prima possile con l’anomalia grillina e tornare ai bei tempi in cui si stava meglio anche se si stava peggio, dato che tra clientele, regali di Stato e ruberie c’era da grattare qualcosa per tutti.
Dunque, mentre il Governo pensa giustamente a misure shock per far reagire il Paese al disastro economico del Coronavirus, i Cinque Stelle farebbero bene a predisporsi a decisioni altrettanto decise. Basta perciò col rinviare gli Stati generali, a costo di sopportare persino una scissione, perché è meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine. E poi basta col fare i “ghandiani” sull’informazione. Se il pessimo risultato delle elezioni regionali si può giustificare con la poca presenza sul territorio, la misera percentuale delle ultime suppletive alla Camera ha una spiegazione ancora più semplice: se non c’è l’informazione come si fa a farsi un’opinione? Così quando votano in pochi, gli apparati dei partiti e gli elettori fidelizzati vanno ai seggi, mentre tutti gli altri cittadini neppure sanno che sono aperte le urne.
Solo tornando a quella testuggine che era, e parlando con una voce netta, il Movimento può sperare di riprendersi. Bene quindi tenere duro nel contrastare i privilegi, dalle spropositate rendite di posizione dei concessionari autostradali all’indecente arroganza del capo dell’Eni, Descalzi, per cui essere sotto processo per corruzione è un fatto normale e tutte le schifezze che sono venute fuori sono niente senza una sentenza che non arriva perché, guarda il caso, in mezzo alle indagini c’è anche l’ostacolo all’attività della magistratura. Il Paese ha bisogno di stabilità nelle grandi imprese, ma ancora di più ha bisogno di uno scatto morale, e se Conte o Gualtieri o gli gnomi del Ministero del Tesoro non sono d’accordo si spartiscano le poltrone senza la complicità del Movimento.
Ai Cinque Stelle è stato chiesto di cambiare il Paese, e la mentalità di chi vive la cittadinanza come una concessione della politica e non un diritto della persona. Se gli italiani volevano al Governo la continuità del modello democristiano potevano votare Renzi o Alfano. E non l’hanno fatto. Se però non si vuole tornare a quella stagione, o peggio a Salvini e la Meloni, con dietro da Casapound a Berlusconi, si riprenda a fare politica come in Italia sanno farla solo i Cinque Stelle. Per capirci meglio: Descalzi può restare all’Eni? Lo decida Rousseau.