L'Editoriale

Fermiamo i carrozzoni regionali

Scusate se oggi non ci soffermiamo oltre sul falso scandalo Bonafede-Di Matteo per occuparci di uno scandalo vero: la Regione siciliana non sta pagando la cassa integrazione a migliaia di lavoratori perché i suoi dipendenti preposti a gestire la faccenda pretendono dieci euro a pratica. Una vicenda più paradossale che vergognosa, in quanto il Covid non ha tolto un euro di stipendio ai travet della Regione, e pertanto la loro rivendicazione può essere assimilata alla speculazione che continua sulle mascherine, con i soliti furbi che non si fanno scrupoli nell’approfittare di ogni situazione.

Il governatore Musumeci – va dato atto – ha rimosso all’istante il dirigente responsabile della prebenda, ma questa ennesima schifezza riaccende un faro su quei carrozzoni che sono le Regioni. Anche al Nord, dove l’efficienza è dell’altro mondo rispetto al Mezzogiorno, questi enti ci costano un occhio della testa, con una pletora di consiglieri, portaborse e burocrati, autisti, funzionari e clientele. E c’è di più. A certi presidenti il potere ha dato alla testa, tanto da sentirsi novelli viceré, e pertanto scavalcando la Costituzione che assegna al Governo nazionale l’onere delle disposizioni per motivi sanitari.

Da settimane, invece, sentiamo presidenti e assessori che per un titolo di giornale o una passerella tv decidono a giorni alterni di aprire e chiudere le attività economiche come fossero le porte di casa loro. Naturale che tutto questo alimenti la confusione tra i cittadini, mentre si fa sfregio del valore profondo delle autonomie regionali, per assistere al miserabile spettacolo di amministratori che duplicano competenze e assumono compiti che non gli spettano, alzando il livello di disgregazione territoriale e litigando persino con i Comuni e quel che resta delle Province.

Centri di costo che nessuno può toccare, come i privilegi di cui godono. E se i consiglieri siciliani si fanno chiamare onorevoli (con stipendi e rimborsi conseguenti) come stupirsi dei funzionari che vogliono papparsi dieci euro in più sulle pratiche che per regola devono lavorare. Tanto alla fine a pagare per tutti sono sempre i cittadini.