L'Editoriale

Fontana e altre facce di bronzo

Dal governatore al re delle stamperie Franceschi. Il presidente non si dimette come l'imprenditore non si scusa per le balle sui fannulloni

Fontana e altre facce di bronzo

Non è l’abbronzatura, è che hanno proprio le facce di bronzo. Prendete l’industriale veneto Franceschi, re delle stamperie, che anni fa si stracciava pubblicamente le vesti perché la sua azienda offriva lavoro, ma nonostante i tanti disoccupati non si trovava chi l’accettasse. Era partita la favoletta dell’Italia terra di fannulloni, che sui giornali e in tv è diventata un mantra da quando c’è il Reddito di cittadinanza. Un investimento contro la povertà senza precedenti, che per la prima volta ha deviato un po’ di aiuti pubblici dalle pance rotonde dei soliti noti a quelle vuote di oltre tre milioni di ignoti.

Ecco, ora si scopre che nella stamperia il personale non ci andava perché costretto a turni quasi doppi rispetto al normale, pagato pochi euro l’ora e senza diritti. Condizioni di schiavitù, delle quali dovranno rispondere i dirigenti dell’impresa, ma non il titolare, il quale ovviamente cade dal pero, a suo dire all’oscuro di quanto gli accadeva in casa. Un alibi che ricorda quello dei Benetton quando si scoprì che i vertici di Autostrade non facevano le manutenzioni. E dire che Franceschi, come i Benetton, era tenuto sul palmo di mano dai politici, i primi per i generosi finanziamenti alle fondazioni dei partiti, e il secondo per aver donato ai veneti un gran numero di mascherine, con l’apprezzamento del governatore leghista Zaia subito dopo lo scoppio della pandemia.

Erano giorni difficili, e poco dopo il presidente della Lombardia, Fontana, pure questo leghista, offriva agli ospedali locali i camici che la ditta di famiglia aveva provato a vendere alla Regione. Un’operazione in evidente conflitto d’interessi, che ha portato alla luce anche cospicui fondi di Fontana all’estero, e per la quale la Procura di Milano ha chiuso ieri le indagini, avvicinando un probabile rinvio a giudizio. Nel frattempo tutto resta come sempre: il presidente non si dimette al pari dello stampatore che neppure si scusa per le fesserie sui fannulloni. Anzi – a quanto si legge sul Gazzettino – esprime solidarietà ai suoi dirigenti. Se queste non sono facce di bronzo…

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