A un certo punto Beppe Grillo ha avuto il sospetto e l’ha detto chiaro: “generalmente uno intelligente ha il senso dell’humor, e io uso quello”. Così tornando in tv dopo dieci anni aveva messo a posto chi poteva fermarsi su ogni singola parola del monologo da Fabio Fazio, senza capire il senso di tutto l’intervento. Ma siccome non c’è più sordo di chi non vuol sentire, ieri quasi tutta la stampa nazionale ha spacciato le provocazioni del fondatore M5S come un’ammissione di colpa: la confessione pubblica di aver peggiorato il Paese, di aver sbagliato tutto, di aver lanciato una forza politica fatta di incapaci, con il leader Giuseppe Conte scelto perché è un bell’uomo, anche se quando parla non si capisce niente.
Ora pure un bambino, o un adulto con la capacità critica di un bambino, ha capito che Grillo usava questa chiave per attirare sulle sue parole il massimo dell’attenzione, tant’è vero che la rete in cui andava in onda ha registrato gli ascolti più alti da quando è nata. Così come era chiarissimo che dietro a un’apparente rassegnazione c’era un rinnovato programma politico, con azioni da portare avanti in Italia e in Europa sull’energia, l’Ambiente e il digitale. Uno show da visionario, come dev’essere la performance di un attore, che si è rivelato il più franco di tutta la sua carriera, battendo anche la famosa esibizione del 1986, quando buttandola a ridere chiese “Se in Cina sono tutti socialisti a chi rubano?”, che anticipava di più di un lustro Tangentopoli.
Regolarmente, invece di ringraziarlo per la sveglia, la Rai lo mandò in esilio, confermando la vocazione del servizio pubblico a fare da cane da guardia del potere. Una missione nella quale si sono poi arruolati quasi tutti i giornali e le emittenti private, tanto che ieri chi non aveva visto la sera prima Discovery Italia aveva solo la campana del monumentale harakiri di Grillo, con un’unica appendice: l’attacco frontale all’avvocato che difende la presunta vittima di stupro per cui è accusato il figlio Ciro. La sortita c’entrava col monologo come i cavoli a merenda, e fa il paio con un precedente video in cui – da padre sicuro dell’innocenza del suo ragazzo – il comico riportava la sua versione dei fatti oggetto proprio in questi giorni della fase più delicata del processo.
Le destre sdegnate, con i loro trombettieri al seguito nei giornali e i loro imboscati in ogni dove, tra gli intellettuali e i maître à penser, e persino nei partiti di sinistra, hanno gridato allo scandalo, anche in questo caso ignorando la realtà dei fatti e indicando la pagliuzza nell’occhio invece che la trave. E i fatti sono certi e indiscutibili, o non è vero che l’avvocato della presunta vittima di Ciro Grillo è la senatrice Giulia Bongiorno, esponente rilevante della Lega, partito in contrasto permanente col Movimento Cinque Stelle? Ed è vero o non è vero che lo stesso avvocato ha rilasciato ampie dichiarazioni a margine delle ultime udienze del processo? Fatti, non elucubrazioni di Grillo, peraltro del tutto leciti se non fosse che la senatrice/avvocato Bongiorno è in un lapalissiano conflitto d’interessi, che per quanto incredibilmente consentito dalla legge è di una inopportunità evidente, anche nell’interesse della parte assistita.
Su questa questione, in realtà, ci sarebbe un lungo corollario, che porta al fatto che altre professioni non si possono esercitare mentre si esercita il mandato parlamentare, ma agli avvocati sono consentite cose che agli altri umani non competono. D’altra parte in Italia il conflitto d’interessi è talmente in voga e giustificato – da quelli che ci si trovano – da non fare più notizia, e quindi è comunemente accettato che il processo per una vicenda giudiziaria possa trasformarsi in un processo politico. E se Grillo ne parla da genitore coinvolto fa invasione di campo, seppure quel campo sia invaso da tutti e da sempre.
Resta sul tappeto la questione di fondo: in Italia se non si fa parte dei salottini giusti o di un partito che sta bene alle lobby dei padroni si è figli di un dio minore, senza diritto di parola se non al prezzo di essere vilipeso, ridicolizzato, emarginato. E quando questo è impossibile, perché si hanno di fronte idee o personaggi che giganteggiano di fronte ai servetti di turno, allora bisogna criticare ad ogni costo, cercando di non fare troppo torto alla propria intelligenza. Per questo il sistema mediatico ha fatto finta all’unisono di non cogliere il senso più profondo delle cose sentite a Che tempo che fa. E dire che le stesse fonti sono formidabili nel sminuzzare il capello in quattro quando devono attribuire qualche significato ai messaggi in codice di questo o quel politico, quasi sempre così codardo da usare le parole in modo ambiguo e sibillino, al contrario di un signore di 75 anni che non risparmia invece di mettere la faccia su cose che in fin dei conti avranno effetti sulle generazioni successive.
Il conformismo e leccaculismo del nostro Paese e della classe dirigente sono il vero scandalo e la maledizione che ci portiamo appresso: una zavorra per la crescita morale, prima ancora che economica, di questa povera Italia. Al di là del fatto che Grillo possa piacere o meno – ed è plausibile che per molti sia addirittura incomprensibile – chi ha mezzi culturali e valoriali a sufficienza non può non aver capito lo show di domenica scorsa. E soprattutto non può ignorare la differenza tra la forza politica che è nata da quelle idee, con a capo un leader come Conte, di cui Grillo è garante. Giusto gli osservatori più sempliciotti, o chi ha qualcosa da guadagnare a non considerare tutto questo – magari perché beneficiato dal circo che i Cinque Stelle hanno messo nel mirino – può dire seriamente di aver colto nel monologo del fondatore M5S una resa o una richiesta di perdono per quello che ha fatto il Movimento.
Ed è incredibile che l’unica resa a cui assistiamo, purtroppo, è nell’onestà intellettuale e nello spirito critico di chi sa bene quanto contino oggi i temi della sostenibilità, dell’Ambiente e della riduzione delle disuguaglianze. Le cose che prima di Grillo e dell’impegno di migliaia di persone sotto la bandiera dei 5S venivano citate giusto in qualche bel discorso di chi il giorno dopo le ignorava. Perciò la lezione che resta dell’ospitata da Fazio è la veemenza della reazione successiva, l’alzata di scudi dei vecchi poteri che pure di fronte a un uomo con l’età che ha si sentono minacciati. E costretti a mentire per difendersi.