Un debito pubblico tra i più alti del mondo al 135% del Pil. Il Patto di Stabilità europeo sottoscritto dal nostro governo che ci costringerà a rientrare di qualcosa come 13 miliardi di euro l’anno, nei prossimi sette, per contenerlo. E una folle politica di riarmo che già quest’anno ci costerà, per la prima volta nella storia della Repubblica, oltre 30 miliardi di euro.
Un conto salatissimo che lascia in sospeso una domanda: chi pagherà il conto? La risposta sta tutta dentro una verità tanto scomoda quanto indicibile alla quale, qualche giorno fa, ha risposto indirettamente il Corriere della Sera con un articolo a firma dell’economista Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche di Itinerari previdenziali.
“Quanto può durare un Paese in cui il 60% non paga tasse, un 24% versa quelle appena sufficienti per pagarsi i servizi di base”? Così tutto il carico fiscale “è sulle spalle del 17% della popolazione che dichiara redditi da 35 mila euro lordi l’anno in su. Per pagare la sola sanità (il diritto inalienabile) a questo 60% occorre che qualcun altro metta sul piatto ogni anno quasi 6o miliardi, mentre per finanziare la scuola ce ne vogliono altri 66, sempre a carico dei pochi e del debito. Poi c’è tutto il resto: strade, assistenza (altri 83 miliardi di redistribuzione), funzionamento delle amministrazioni”.
Risultato: “Fosse il 4/6% di popolazione bisognosa lo sforzo si potrebbe fare, ma il 60% è insostenibile”. Eppure, dopo venti condoni governo e centrodestra continuano a vaneggiare di pace fiscale. Quando ci sarebbe bisogno di scatenare una guerra contro gli evasori.