L'Editoriale

La lezione dei libri incendiati. Chi strizza l’occhio alla violenza non faccia finta di non sapere

Guai a dire che dietro la Destra che monta nel Paese c’è puzza di fascismo. Salvini ci fa sopra una grassa risata e strizzando l’occhio a Casapound ne nega l’evidenza. Ieri però a Roma hanno bruciato una libreria, e chi conosce giusto i rudimenti storici di quanto avveniva in Europa meno di cento anni fa non può non aver sentito un brivido. I regimi hanno pochi nemici più pericolosi dei libri, della cultura, e della conoscenza degli errori che abbiamo fatto e che rischiamo tristemente di fare ancora.

L’attentato alla Pecora elettrica, un piccolo esercizio tirato su con immensa fatica dai coraggiosi proprietari, e diventato suo malgrado un presidio di socialità e legalità nel quartiere periferico di Centocelle, non è un fatto di cronaca come tanti altri. La libreria di impronta chiaramente antifascista era stata già incendiata il 25 aprile scorso, casualmente festa della liberazione, e proprio oggi avrebbe dovuto riaprire dopo i lavori di ristrutturazione. Di fronte a una delle tante piazze di spaccio della droga nella Capitale, il locale dava anche fastidio ai pusher, esattamente come le uniche altre vetrine accese sulla stessa strada, quelle di una pizzeria andata pure questa in fiamme un mese fa.

Solo pochi giorni fa la Cassazione ci ha detto che a Roma non c’è la mafia, ma gli episodi di violenza legati a un mercato tipico dei clan – com’è la droga – sono continui, quanto quelli di stampo politico. Eppure la cosa sfugge al grande circuito mediatico, ed è lecito domandarsi cosa debba accadere per renderci tutti conto di quanto ci sta accadendo attorno. L’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, il grave ferimento di Manuel Bortuzzo, l’esecuzione sommaria di Luca Sacchi, solo per ricordare gli episodi più recenti, sono il segno di un controllo sempre più difficile del territorio, in una città dove criminalità comune e politica si saldano come tutti abbiamo visto nel sodalizio tra i colletti bianchi di Buzzi e l’ex terrorista nero Massimo Carminati, con i suoi metodi da criminalità di borgata. Roma è ridotta così, costretta a mettere sotto scorta dell’esercito persino gli impianti per il trattamento dei rifiuti. Chi strizza l’occhio alla violenza non faccia finta di non sapere di cosa si sta rendendo complice.