Oggi non c’è storia più gustosa delle acrobazie dei nostri deputati per farci vedere che capiscono il momento e si tagliano lo stipendio, ma in realtà la busta paga se la tengono bella pesante. Nelle poche righe di questo editoriale devo fare però una scelta e perciò vi rinvio alle pagine interne per la faccenda degli onorevoli stipendi. Qui preferisco ringraziare i tanti lettori che ci stanno esprimendo da giorni solidarietà per la citazione in giudizio di questo giornale annunciata dal ministro Alfano. Il responsabile del Viminale non ha gradito un nostro articolo che dava conto dell’assunzione della moglie del fratello al gruppo di Alleanza Popolare-Ncd-Udc alla Camera, notizia vera e verificata prima della pubblicazione.
Ancora di più non è piaciuto il titolo “Alfanopoli”, cioè una crasi tra Alfano e parentopoli, termine che non si capisce perché inappropriato visto che l’assunta è la cognata dello stesso ministro. Ciò nonostante Alfano ci accusa di averlo diffamato e chiede un risarcimento al quale ci ha già condannato. Una pressione che spiega più di mille parole perché l’Italia è in coda nella classifica dei Paesi con la maggiore libertà di stampa.