La commissione Antimafia guidata da Chiara Colosimo è diventata un laboratorio di riscrittura della storia e un tribunale politico in cui l’accusa è riservata ai magistrati e l’immunità ai depistatori. È qui che Mori e De Donno, ex ufficiali del Ros, hanno potuto raccontare la loro verità monca sulle stragi, mentre ogni voce contraria veniva zittita. È qui che si è compiuto un colpo di mano parlamentare, un sequestro politico in piena regola, per impedire che Scarpinato e De Raho – colpevoli di avere memoria lunga e carte in mano – potessero parlare.
La contro-relazione depositata dal Movimento 5 stelle elenca una per una le falsificazioni contenute nelle dichiarazioni dei due ufficiali. L’obiettivo? Ridurre la stagione delle stragi alla sola pista “mafia-appalti”, eliminando tutto il resto: i depistaggi dei servizi, l’agenda rossa, gli intrecci con la politica, il ruolo degli apparati. La strategia è chiara: occupare le istituzioni per cancellare il passato e neutralizzare ogni ostacolo giudiziario al potere. E quando la storia processuale non si piega, si riscrive.
Per liberarsi di chi resiste, si inventa il conflitto d’interessi. Una norma ad personam per colpire due ex magistrati che in Commissione, con il mandato dei cittadini, provano a difendere la verità. E se i fatti non bastano, si usano intercettazioni irrilevanti, passate alla stampa senza autorizzazione, per linciare Scarpinato.
Le stragi sono ancora tra noi, ha detto lui. E questa vergognosa messinscena ne è la conferma. Chi nega, chi insabbia, chi distorce, non lavora per la verità ma per garantire l’impunità di sempre. Con buona pace della memoria, e con la complicità delle istituzioni.
E l’opposizione, in tutto questo, ha il dovere di essere unita. Non servono partiti che fanno calcoli di cortile. L’Antimafia non è una bandiera da sventolare nei congressi: è un dovere costituzionale. E oggi più che mai, è una linea del fronte. Chi si volta dall’altra parte, chi tace, chi baratta il rigore per convenienza, finisce complice. Anche il silenzio, quando è strategico, sa di viltà.