La funivia del Mottarone come il ponte Morandi di Genova. Due grandi infrastrutture finanziate con soldi pubblici che uccidono per la sete di guadagno dei concessionari privati. Se saranno confermate le ipotesi emerse dalle prime indagini, con la consapevole responsabilità del gestore dell’impianto piemontese, avremo un nuovo esempio di quanto sia fatale la ritirata dello Stato imprenditore in assenza di uno Stato controllore.
Per questo non è accettabile che i colpevoli la facciano franca, com’è ancora adesso per il concessionario della autostrade, che fa capo al Gruppo Benetton, riuscito a restare in sella tra lungaggini giudiziarie e giochetti di ogni tipo. L’unica speranza di far pagare chi non ha provveduto alle manutenzioni sul viadotto Polcevera era togliergli la gallina dalle uova d’oro dei pedaggi.
Un risultato vicinissimo se non fosse che lo stesso dirigente che negli anni ’90 consegnò i caselli ai Benetton – Mario Draghi – oggi con molta probabilità riporterà tutto in alto mare, revocando l’Ad della Cassa Depositi e Prestiti, Fabrizio Palermo, sostenuto dai 5S anche per chiudere i conti con questa vergogna nazionale. Una revoca senza altra ragione visibile, perché i risultati ottenuti da Palermo sono indiscutibili.
Un discorso analogo a quello delle Ferrovie, dove ieri l’Ad Battisti ha ricevuto il benservito come ringraziamento dei forti investimenti persino nell’anno della pandemia. Senza nulla togliere alle capacità dei manager subentranti, Scannapieco in Cdp e Ferraris in FS, siamo nel punto più alto della restaurazione del vecchio sistema di potere.