Da due giorni l’Italia si indigna per il bonus da 5.500 euro dato ai deputati per comprarsi tablet e telefonini. Una schifezza, perché con le loro invidiabili indennità questi strumenti se li possono comprare tranquillamente di tasca loro.
Ma come sappiamo tutti, non si tratta dell’unico privilegio dei nostri parlamentari, che peraltro fino alla scorsa legislatura avevano 7.500 euro per le stesse spese, e le Camere si amministrano in regime di autodichia, cioè con i loro soldi fanno quello che gli pare.
Dunque, si è scoperta ancor meno dell’acqua calda, ed è fin troppo facile capire che giornali e tv ne parlano giusto per spostare l’attenzione dalla Manovra che non mantiene le promesse elettorali o da qualcos’altro di più inconfessabile e costoso. E cosa c’è di più caro per i nostri onorevoli e senatori se non i vitalizi?
Proprio mentre scoppiava il caso dei 5.500 euro totali per i cinque anni della legislatura, guarda caso la Consulta rispediva al Senato il compito di decidere in appello se restituire i vitalizi, con annessi gli arretrati per gli anni in cui la diga dei 5 Stelle ha arginato questa vergogna.
E mancando ancora i nuovi “giudici” a cui spetta la decisione (che va presa entro pochi giorni) questo compito toccherà a quelli in carica nella legislatura precedente, che si troveranno allo stesso tempo nella meravigliosa posizione di chi può concedere milioni di euro – altro che 5.500 euro – e di chi li percepirebbe.
Ma parlare di questo sì che disturberebbe Lorsignori, e allora che c’è di meglio dell’occuparsi di due pc e telefonini?