A chi si illudeva che con il passaggio delle consegne alla Casa Bianca tra lo svagato Joe Biden e il bullo Donald Trump sarebbe cambiato chissà cosa nella politica estera degli Stati Uniti non resta che ricredersi. Non è il caso di questo giornale che, in tempi non sospetti, invitava i propri lettori a non farsi false illusioni.
“Che cosa cambierà (con il passaggio del testimone tra Biden e Trump, ndr) per noi europei, invece, è presto detto: poco o niente, e quel poco potrebbe cambiare persino in peggio. Forse si accelererà la fine della guerra in Ucraina, sempre che l’Europa non intenda caricarsi sulle spalle l’intero costo di un conflitto da cui Trump – ed è questo forse l’unico elemento di discontinuità in politica estera dal suo predecessore – intende, almeno a parole, disimpegnarsi. In linea con il bellicismo dell’era Biden, si rischia invece l’escalation, persino militare, con la Cina nella contesa su Taiwan e un allargamento del conflitto mediorientale nel quale il nuovo presidente intende lasciare mano ancora più libera a Netanyahu. Il tutto accompagnato da maggiori sforzi economici richiesti agli alleati – come peraltro già avvenuto in questi anni – per sostenere la Nato e un aumento dei dazi sui prodotti di importazione. Insomma, niente di nuovo sul fronte occidentale” (La Notizia, 7 novembre 2024).
Ed eravamo stati persino troppo prudenti. Malgrado le promesse di Trump, il conflitto in Ucraina è tutt’altro che concluso; l’allargamento del fronte mediorientale, con gli attacchi diretti degli Usa contro l’Iran a rimorchio di Israele è servito; mentre, quanto alla Cina, non resta che augurarsi che la guerra tra Washington e Pechino resti confinata a quella dei dazi. Intorno agli attori protagonisti della scena internazionale, ruota poi la pletora dei comprimari.
Nel caso dell’Italia, quella delle comparse nella quale il sedicente governo sovranista di Giorgia Meloni ha relagato il nostro Paese: nessuna condanna dell’attacco illegale, prima di Israele e poi degli Usa all’Iran; il solito pigolio sul “cessate il fuoco a Gaza, dove la legittima reazione di Israele a un insensato attacco sta assumendo forme drammatiche e inaccettabili”, ma senza far seguire alle parole i fatti (tipo una proposta di sanzioni contro Tel Aviv); rilancio dell’obiettivo del 5% del Pil in spese militari agli ordini della Nato. Da Biden a Trump non è cambiato nulla. Figuriamoci Meloni.