L'Editoriale

Quel bivio tra il M5S e il Ponte sullo Stretto

Mai si era persa la faccia come è accaduto ieri sera in una riunione surreale per fare intestare al M5S il Ponte sullo Stretto di Messina.

Quel bivio tra il M5S e il Ponte sullo Stretto

Nei sondaggi della Ghisleri e Pagnoncelli non c’è traccia, ma in Italia non c’è partito che sta crescendo più di quello del cemento. I soldi del Recovery Plan permetteranno di aprire cantieri ovunque, e come da tradizione c’è la fila per costruire quello che capita, fossero anche cattedrali nel deserto. Bilanciare una tale montagna di appetiti è perciò la barriera invalicabile delle forze politiche più sensibili alla tutela dell’ambiente e alla transizione ecologica, come sono i Cinque Stelle.

Proprio loro su questo terreno hanno combattuto tante battaglie identitarie, anche perdendo – come su Tav e Tap – ma cadendo comunque sempre a testa alta, sopraffatti solo dall’irresistibile coagulo di partiti e interessi economici al servizio di quelle opere. Mai però si era persa la faccia come è accaduto ieri sera in una riunione surreale per fare intestare al Movimento il Ponte sullo Stretto di Messina (leggi l’articolo).

La genialata è del primo eletto M5S ad aver infranto la regola per cui chi è entrato in un’assemblea non se ne va da un’altra parte, tale Giancarlo Cancelleri, che dal Consiglio regionale siciliano se n’è andato a fare il viceministro ai Trasporti e Infrastrutture del Governo Conte, e adesso fa il sottosegretario allo stesso ramo con Draghi. Un uomo di potere, insomma, non certo il solo nella nutrita schiera di seri parlamentari e amministratori creati dal niente dai Cinque Stelle.

E che a sentirlo, ieri sera, sembrava l’amministratore delegato dei Benetton, tanto ha difeso il Ponte sullo Stretto cercando di convincere Crimi e gli altri colleghi inorriditi da un tale voltafaccia rispetto a tutte le stelle del Movimento. E dire che pure le pietre sanno come in Sicilia – nella mia Sicilia – c’è bisogno di tutto, ma non di un’opera che non ha alcuna ragione d’esistere senza treni ad alta velocità, logistica e mille altre infrastrutture.

Un’opera che è un insulto mentre le terre si desertificano per l’assenza di acquedotti e dighe. E che da sempre è il sogno proibito dei partiti più compromessi con la criminalità e il malaffare. Quei partiti contro cui gli elettori M5S si sono dannati, e che adesso Cancelleri ha messo di fronte a un bivio: se non se ne va lui se ne andranno loro.