Con tutta la ciccia che c’è nel decreto Crescita approvato ieri dal Consiglio dei ministri, oggi dovremmo festeggiare un grande passo avanti per il Paese. E invece la formula del via libera “salvo intese” e ancor di più il rinvio dei rimborsi per i truffati delle banche accendono il primo vero allarme sul Governo. Il premier Giuseppe Conte, che era sempre riuscito a mediare le divergenze tra M5S e Lega, adesso è circondato da una danza macabra affollatissima.
L’elenco di chi spinge per la caduta della maggioranza gialloverde è lungo e in buona parte noto. Dentro ci sono poteri forti – come Bruxelles e i mercati – e altri sedicenti tali, dalla Confindustria alle lobby di ogni tipo, sino ai giornaloni di complemento e a chi difende i privilegi di decenni, per non parlare dei tanti terrorizzati dai provvedimenti contro gli abusi nella cosa pubblica. Per questo Di Maio e Salvini hanno alzato un muro che ha resistito a ogni tentativo di farli litigare, compresi non pochi colpi bassi.
Ora però si è aggiunto un fronte nuovo, di cui si erano viste solo le avvisaglie nei giorni decisivi della Manovra economica. Quelle che ironicamente sono state definite “le manine” nei ministeri, e in particolar modo al Mef, hanno fatto trapelare tanti di quei sospetti sul ministro Tria, la sua famiglia e l’entourage da rendere oggettivamente fragile questa pedina fondamentale per l’Esecutivo. Una debolezza che non può più sfuggire nemmeno al Quirinale. E anche se parlare di rimpasto prima delle Europee sembra fantascienza, il problema c’è e continuare a ignorarlo non sembra una grande idea.