Uno Stato che rispetta il principio di legalità non può ricorrere mai alla vendetta, fosse anche di fronte a un grave torto come quello che tutti noi italiani abbiamo subito quando si sono affidate le nostre autostrade ai concessionari privati. Tale scelta in linea di principio non è sbagliata, perché negli anni d’oro delle partecipazioni statali abbiamo visto la montagna di disastri e debiti che ha accumulato lo Stato imprenditore, mentre la mano pubblica ha ben altra efficacia quando si limita a regolare – possibilmente bene – i mercati.
Il peccato originale dell’affidamento della grande rete viaria nazionale, negli anni ‘90, fu però l’inspiegabile squilibrio contrattuale a favore dei signori del casello, che hanno avuto garantiti ricavi elevatissimi a fronte di pedaggi sempre più cari e una sostanziale mancanza di controlli sulle manutenzioni. Questo è il vulnus che bisogna riparare e pertanto non c’è niente da discutere su maxi multe e risarcimenti da appioppare ai concessionari, siano questi in chiaro o sotterranei, magari travestiti da investimenti nel salvataggio di Alitalia. Questo processo di revoca degli affidamenti è stato promesso solennemente dopo il crollo del ponte Morandi di Genova, ma faceva già parte del programma elettorale del Movimento Cinque Stelle che ha tra le sue stelle polari l’eliminazione dei tanti privilegi di cui godono molti grandi gruppi economici a scapito dei comuni cittadini.
Adesso perciò non si può parlare di nuovi rinvii perché ci sono le elezioni regionali in Emilia Romagna, e c’è da augurarsi che dopo aver percorso un iter procedurale burocratico e faticoso adesso i tempi siano maturi per far recuperare allo Stato il controllo di un asset pagato con risorse dei cittadini, e poi rifare le gare in modo tale che i privati più capaci vincano, portandosi a casa un giusto guadagno e non la montagna di soldi ottenuta finora, che invece potrà finalmente finire nelle tasche dello Stato e dei cittadini.