L'Editoriale

Parate & sparate

Parate & sparate

Se valesse per tutti la regola applicata alla Russia – non si parla con i regimi autoritari e con chi invade territori altrui – la black list dell’Occidente sarebbe lunghissima. Dovremmo, tanto per cominciare, tagliare ogni relazione con Israele e il suo governo di fanatici che, con le mani già sporche del sangue di 60mila palestinesi, ha avviato illegittimamente l’occupazione della Striscia di Gaza dopo aver illegalmente colonizzato la Cisgiordania.

Dovremmo troncare tutti i rapporti con l’Arabia Saudita, dove invece abbiamo visto sfilare di recente la premier italiana Giorgia Meloni nella tenda di bin Salman, accusato dall’Onu di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Kashoggi per i suoi pezzi invisi al principe ereditario. Dovremmo perfino andarci a nascondere, insieme ai nostri cosiddetti alleati, per i bombardamenti su Belgrado, le invasioni dell’Afghanistan, con la scusa del terrorismo, e dell’Iraq, orchestrata sulla base di false prove contro Saddam Hussein, per non parlare dei raid sulla Libia che hanno prodotto l’eliminazione fisica di un dittatore, Gheddafi, per consegnare un Paese diviso a metà a due autocrati. Tutte operazioni senza mandato delle Nazioni Unite e pertanto illegali.

E poi ci stupiamo se, di fronte a questo elenco di orrori, il resto del mondo – quello che non si riconosce nei valori occidentali, come va di moda dire di questi tempi – ci guarda come se la principale minaccia per la pace fossimo noi. E consideriamo una minaccia le celebrazioni per la vittoria della seconda guerra mondiale della Cina – “Parata contro l’Occidente”, l’ha definita ieri Repubblica in prima pagina – che da allora, a differenza delle nostre democrazie, non ha invaso nessuno Stato sovrano e semmai dovesse decidere di farlo con Taiwan, saremmo stati proprio noi occidentali a fornirgli i precedenti ai quali appigliarsi. Come del resto abbiamo offerto alla Russia in Ucraina.

La verità che fingiamo di non vedere è che quella parata, con Xi Jinping al fianco di Putin e Kim, è la plastica rappresentazione di un possibile nuovo ordine mondiale che le politiche kamikaze dell’Occidente – dalle sanzioni dell’Ue a Mosca ai dazi Usa, supinamente accettati dall’Europa ma respinti al mittente da Pechino – hanno contribuito ad accelerare.