Per convincerli in appena dieci minuti, Draghi deve essere stato più che esplicito. Convocati d’urgenza i ministri, ieri pomeriggio li ha messi con le spalle al muro, spiegando che potevano approvare il decreto Concorrenza così com’è, senza altri favori a balneari e clientele elettorali, oppure assumersi la responsabilità di buttar via decine di miliardi dell’Europa.
Un rischio che però i partiti conoscono perfettamente, per cui il significato della riunione stabilita all’ultimo minuto è stato ben altro: o tornate ad ubbidire come soldatini o cercatevi un nuovo premier. Il Presidente del Consiglio, figlio dei giochi di Palazzo, insomma, ora minaccia esplicitamente quelli che sono i legittimi rappresentanti degli italiani, continuando a governare come un monarca assoluto – altro che Putin! – al punto di trincerarsi dietro un generico mandato parlamentare sulla vicenda ucraina, e così rifiutarsi di sottoporre al voto persino una decisione dirimente come l’invio delle armi a Kiev.
Finché non si troverà il coraggio di staccargli la spina, o terminerà la legislatura, la sovranità popolare resta dunque sostanzialmente ostaggio del Capo dell’Esecutivo, e di un metodo di governo che dovrebbe mettere in guardia chi si erge a sacerdote della democrazia, come un numero ogni giorno più cospicuo di deputati e senatori già in lista d’attesa per un possibile Partito di Draghi.
Tra questi, i più attivi sono nel Pd e in Forza Italia, forze centriste che di destra e sinistra hanno conservato ben poco, ma a cui va bene pure di essere tirati per le orecchie pur di acchiappare anche nella prossima legislatura la poltrona.