Chissà per quale motivo il premier Giuseppe Conte e un bel pezzo della maggioranza si stanno logorando sull’inutile e illegale scudo penale inventato per dare l’Ilva agli ex pretendenti di ArcelorMittal. Questi signori hanno già abbandonato l’affare, e anche gli osservatori più ingenui hanno capito che la revoca dell’immunità è la foglia di fico usata per coprire la vergogna della fuga, dovuta alla crisi del mercato dell’acciaio. Eppure Conte continua a spingere per ripristinare questa garanzia di tipo medioevale, rischiando di trasformarsi da avvocato del popolo in azzeccagarbugli a favore dello straniero, incassando la sua prima sconfitta d’immagine.
A seguirlo in questo strategia disastrosa sono i renziani, gran parte del Pd e persino qualche Cinque Stelle in libera uscita incurante del fatto che con un tale precedente si fornirà domani a chiunque l’alibi per commettere altri reati, e non solo ambientali. Il rispetto della legalità e del diritto di uno Stato a far rispettare leggi uguali per tutti non può essere svenduto, ed è curioso che a difendere questo principio siano rimasti Luigi Di Maio e la quasi totalità del Movimento, con in testa i portavoce pugliesi, mentre i cosiddetti partiti sovranisti pur di dare contro l’Esecutivo rafforzano la battaglia legale con cui gli indiani sperano di sottrarsi alle loro responsabilità.
Ora, siccome non è facile stare in paradiso a dispetto dei santi, dal Governo ci sarebbe da attendere ben altra strategia, a partire da un bel arrivederci a Mittal in tribunale, e poi un piano per risolvere strutturalmente il problema. Al primo di questi punti c’è che un’acciaieria in un centro urbano non ci può stare, e quindi per restare tra i produttori si chiude lo stabilimento e lo si riapre più moderno e sostenibile distante da decine di migliaia di persone. Secondo passaggio è l’affidamento del progetto a una newco con dentro gli investitori interessati (Arcelor vinse una gara) e il temporaneo sostegno pubblico (si è parlato di Cassa Depositi). Questo nuovo soggetto potrà chiedere le ingenti risorse europee del green new deal e riassumere i lavoratori. L’abbiamo fatta facile? Può darsi, ma questa è una traccia di politica industriale. Quella che nel nostro Paese manca da tempo.