L'Editoriale

Un governo fra palco e realtà

Preoccupano i numeri che dalle parti dell’esecutivo, nella migliore delle ipotesi, fingono di non vedere e, nella peggiore, sottovalutano.

Un governo fra palco e realtà

Che il governo contesti le cifre sullo sciopero di ieri, che secondo la Cgil ha sfiorato il 70% di adesione, fa parte del gioco delle parti e non stupisce più di tanto. Preoccupano molto di più altri numeri che dalle parti dell’esecutivo, nella migliore delle ipotesi, fingono di non vedere e, nella peggiore, sottovalutano.

Presi dalla frenesia di difendere una Manovra di galleggiamento che per il 2026 metterà sul tavolo poco più di 18 miliardi, contro i quasi 33 (fonte Osservatorio Milex) destinati alle spese militari – cioè quasi il doppio delle risorse della Finanziaria – a destra sorvolano, interpretano o minimizzano i dati che raccontano il disastro del Paese. Qualche esempio? Sbandierano il record dell’occupazione (che nel terzo trimestre l’Istat certifica in calo di 45mila unità), ma non spiegano come mai, parallelamente, sia crollato il Pil (nel 2027 saremo il fanalino di coda d’Europa, secondo le stime della Commissione Ue) mentre per 32 dei primi 36 mesi di governo Meloni, la produzione industriale abbia inanellato un calo dietro l’altro.

Se lo facessero, dovrebbero infatti ammettere che a crescere è soprattutto il lavoro povero. Quello degli oltre 6 milioni di italiani che percepiscono meno di mille euro al mese. O del 50% degli occupati del Sud che non superano i 15mila euro di reddito lordo annuo. Per effetto di un costante calo dei redditi reali che, solo tra gennaio 2021 e settembre 2025, hanno registrato una perdita dell’8,8% del loro potere d’acquisto. Ma non è tutto. Parlano di investimenti poderosi nella Sanità, ma si limitano a strombazzare il dato in valore assoluto anziché in rapporto al Pil che di questo passo, secondo la Fondazione Gimbe, scenderà nel 2028 sotto la soglia psicologica del 6%.

Numeri che spiegano, da un lato perché 5,8 milioni di italiani abbiano rinunciato alle cure (per le liste d’attesa troppo lunghe nel pubblico e i costi proibitivi del privato) e, dall’altro, l’impennata della spesa sanitaria delle famiglie – quelle che potevano permetterselo – che nel 2024 hanno sborsato 40 miliardi di euro per pagarsi le cure. Ma per raccontare il Paese reale bisognerebbe scendere dal palco della propaganda. Al governo lo sanno talmente bene che ci si sono incollati sopra.