L'Editoriale

Un regalo dietro l’altro ai clan

Ieri a Palermo un corteo di studenti, operai, rappresentanti della società civile e delle istituzioni che sfilava verso l’Albero Falcone è stato disperso a colpi di manganello.

Un regalo dietro l’altro ai clan

Il Presidente Mattarella ha ragione quando dice che la mafia non è invincibile. Ma se ci nascondiamo che qualcosa gira storto, i clan camperanno altri cent’anni. Quello che è successo ieri a Palermo è surreale. Un corteo di studenti, operai, rappresentanti della società civile e delle istituzioni che sfilava verso l’Albero Falcone a 31 anni dalla strage di Capaci è stato bloccato dalla polizia e disperso a colpi di manganello.

Alla manifestazione non era stata data l’autorizzazione per non disturbare la passerella delle autorità, a partire dal ministro Piantedosi. Così si è messo lo Stato contro i cittadini, commettendo un errore imperdonabile per chi ha un minimo di conoscenza e di memoria. Il popolo che proprio al funerale di Falcone fischiava i papaveri arrivati da Roma non ha insegnato niente.

Eppure, non è difficile capire che la guerra ai boss si vince solo coinvolgendo le persone prima ancora che le Forze dell’ordine e i politici chiacchieroni. Messina Denaro è rimasto per decenni latitante protetto dalla sua comunità, ed è solo lì che la mafia può essere davvero sconfitta, incoraggiando chi le si oppone, come ha dimostrato don Pino Puglisi, e non limitandosi agli arresti o alle corone di fiori di gente che arriva scortata, dice due parole e se ne va.

Soprattutto se in Parlamento, nelle stesse ore, viene eletta una presidente della Commissione Antimafia che indipendentemente dalla consistenza delle accuse mosse, divide irreversibilmente le forze politiche. Un errore della Meloni, che porta a casa l’ennesima poltrona per il suo partito, ma a prezzo di offrire alle cosche una nuova prova di sfilacciamento nel fronte della legalità.

Fronte che subisce colpi durissimi ogni giorno, ogni volta che salta fuori un politico corrotto mentre gli onesti fanno la fame, o quando si sente che lo Stato non spende miliardi di euro e migliaia di giovani devono andare via dal Sud senza lavoro, oppure leggendo di un ex mafioso che dice di avere le foto di Berlusconi con i capo clan Graviano, senza che nessuno obblighi il pentito a tirarle fuori o a rispondere di diffamazione. Così la mafia si trasforma in show. In attesa delle prossime puntate con annessi colpi di scena. E di kalashnikov.