Non ci voleva molto a capirlo, e il fatto che ieri – dopo una netta correzione di rotta – sia arrivata un po’ di calma sui mercati finanziari è la prova che la Banca centrale europea stava sbagliando tutto. Ostinarsi a non tagliare i tassi mentre le principali banche centrali del mondo l’avevano già fatto, e poi far finta che il Coronavirus sia poco più di un male di stagione per l’economia globale, aveva schiantato le Borse, estendendo l’incendio che ha già bruciato centinaia di miliardi di capitalizzazione delle società quotate, e a cascata mandando a ramengo ogni previsione di crescita per quest’anno (e non è detto che l’onda lunga non vada più lontano). Purtroppo la presidente Lagarde è uscita di strada alla prima curva, e questo è preoccupante per il futuro, in quanto dopo questa pandemia nulla sarà lo stesso anche nei sistemi economici.
Per tamponare la falla gli Stati dovranno riprendere a indebitarsi moltissimo, e senza una piena consapevolezza dello sforzo da fare e un’unità d’intenti almeno tra i Paesi che operano con la stessa moneta, la salita sarà durissima. Ora è chiaro che la guida della Bce non è monocratica, e questo rende lo scenario ancora più fosco, visto che il passo falso fatto da Francoforte la settimana scorsa è stato condiviso al livello del board in cui siedono tutti gli equivalenti in Europa della nostra Banca d’Italia. Tutti – o per lo meno in maggioranza – miopi quanto la Lagarde, e quindi pericolosi per affrontare i tempi che ci attendono.
Il punto è che indipendentemente dalla pandemia, eravamo già a un bivio decisivo per il pianeta che verrà. Da una parte c’è la strada che battiamo da sempre, dove non c’è altro che la dittatura dei mercati, e la politica è prona a questo schema. Regole buone per le stagioni del passato, a partire dai vincoli sui conti pubblici imposti a Maastricht, e che per quanto ci riguarda sono passati dall’obbligo di inserire in Costituzione il pareggio di bilancio, sino ad arrivare al Mes (il meccanismo europeo di stabilità con cui si ottengono aiuti solo rinunciando ad altri pezzi di sovranità nazionale).
L’ALTERNATIVA. Dall’altra parte c’è la via che porta a un mondo che oggi non conosciamo, dove la spuntano le persone che chiedono di contare più degli spread, dei listini di Borsa e di un modello perverso per cui i pochi ricchi possono ingrassare sempre di più e i poveri si moltiplicano e se possibile diventano ancora più miserabili. Un mondo che preme alle porte dell’impero di cartapesta del capitalismo, ormai tanto barcollante da essere messo seriamente in crisi da un’epidemia che per quanto virale e micidiale presenterà in termini di vite umane un conto molto limitato rispetto ad altre tragedie del passato.
Questo mondo è spinto da milioni di persone che non vogliono più sentirsi sudditi, e che quando l’emergenza sarà passata vorranno sapere perché si è tagliato tanto nella sanità pubblica (lo scempio italiano non è un caso isolato), e continueranno ad alimentare le fila degli euroscettici in Europa e dei conservatori di Trump negli Stati Uniti (in Russia e Cina i margini di scelta sono relativi per non dire inesistenti). Persone sbrigativamente rubricate come populiste, e che per il momento si lamentano senza fare danni, se si escludono poche eccezioni come quella dei gilet gialli in Francia. Ma gli establishment che restano sordi a tanta pressione quanto potranno resistere? Alle ultime elezioni europee, populisti e sovranisti sono cresciuti ma non hanno sfondato. Se però li si continua ad aiutare con strategie sorde come quelle della Bce allora presto o tardi sfonderanno.
PIÙ CONVINZIONE. La Banca centrale guidata dalla Lagarde, si dirà, dopo aver steccato al primo acuto ha fatto poi una marcia indietro importante, tanto che ieri le Borse hanno respirato. Ma anche l’impegno a mettere in campo acquisti di titoli per 750 miliardi è meno significativo di quanto deciso solo poche ore prima dalla Federal Reserve, che si è impegnata fino a 1.500 miliardi di dollari, dopo avere pure azzerato il costo del denaro. Siamo di fronte, insomma, a un’Europa che al di là delle misure a macchia di leopardo prese dai governi dei rispettivi Paesi, man mano che ci si renda conto dell’avanzata della pandemia, non sembra aver compreo appieno la gravità del momento e il cambiamento che si sta compiendo sotto i nostri occhi, anche se ancora abbastanza lentamente da non poter essere percepito da tutti.
Per affrontare questo scenario scegliendo di aiutare la più vasta platea possibile di cittadini, e non i soliti noti, i privilegiati e chi campa sulle rendite di posizione, bisogna allargare come non si è fatto mai i cordoni della borsa. E farlo senza mettere ipoteche, come pensano ancora di fare i falchi del rigore sui conti pubblici che continuano a contare nei governi del Nord Europa, nella Bce e tra gli euroburocrati. Bene ha fatto perciò il nostro premier Conte a chiedere i 500 miliardi del Salva-Stati senza pretendere però alcuna imposizione. Se in Europa prevarrà questa visione, usciremo dall’epidemia più forti di prima. Diversamente tra le vittime conteremo la stessa Europa.