Il caso Eitan è vicino ad una soluzione. La Farnesina in contatto con le autorità israeliane. Tel Aviv: “Agiremo in cooperazione con l’Italia, per il bene del minore”

L'Italia, scrive la Farnesina, conta sulla collaborazione di Israele "per una soluzione concordata" del caso del piccolo Eitan.

Il caso Eitan è vicino ad una soluzione. La Farnesina in contatto con le autorità israeliane. Tel Aviv: “Agiremo in cooperazione con l’Italia, per il bene del minore”

L’Italia conta sulla collaborazione di Israele “per una soluzione concordata della vicenda, nell’interesse superiore del minore”. E’ quanto ha scritto la Farnesina in una nota verbale inviata nei giorni scorsi all’Ambasciata israeliana a Roma riguardo al caso di Eitan Biran, il bambino, unico superstite della tragedia del Mottarone del 23 maggio scorso, prelevato in Italia dal nonno e portato in Israele senza il permesso della sua tutrice (leggi l’articolo).

“Confermiamo che il bambino Eitan Biran è entrato in Israele l’11 settembre” la risposta di Israele inviata al nostro ministero degli Esteri. “Israele – garantiscono da Tel Aviv – agirà in cooperazione con l’Italia, per il bene del minore. Le autorità israeliane stanno seguendo il caso e gestiranno qualunque richiesta, pervenuta attraverso i canali appropriati, in conformità della legge e dei trattati internazionali pertinenti”.

Confermata l’accusa di rapimento. Il nonno di Eitan resta ai domiciliari

E resterà, almeno fino a venerdì, ai domiciliari, in Israele, Shmuel Peleg, il nonno materno di Eitan. La polizia israeliana lo ha interrogato ieri in merito all’accusa di aver “rapito e portato il nipote in Israele” (leggi l’articolo). Che effettivamente si trova insieme al nonno vicino Tel Aviv. “A me risulta che gli sia stato chiesto di restare a disposizione della polizia”, ha dichiarato il legale di Shmuel Peleg, l’avvocato Paolo Sevesi. Allo stato non pare che la decisione delle autorità israeliane sia legata a un mandato d’arresto italiano”.

SCONTRO IN FAMIGLIA. Una vicenda che, oltre alla cicatrice indelebile della tragedia, rischia di segnare per sempre un bambino di soli 6 anni. Peleg durante il colloquio con le forze di polizia ha sostenuto che il trasferimento “in Israele è avvenuto in maniera legale e dopo una consultazione con esperti di diritto”. Mentre le famiglie, i rami paterno e materno, continuano ad attaccarsi e vanno avanti le indagini della Procura di Pavia che allargano il campo delle presunte complicità nel rapimento, appare sempre più probabile che per risolvere la vicenda sarà necessario un intervento diplomatico.

Ma Aya Biran – tutrice legale del bambino nonché zia paterna del piccolo Eitan, che nella sua breve vita ha perso 5 familiari tra cui padre, madre e fratello – ha presentato, attraverso legali israeliani, un’istanza al Tribunale di Tel Aviv per chiedere di far rientrare il piccolo in Italia sulla base della Convenzione dell’Aja. In particolare dell’articolo 29 che consente al titolare del diritto di affido di “rivolgersi direttamente al competente tribunale per chiedere il rientro del minore sottratto, anche senza l’intermediazione delle autorità centrali”.

L’INCHIESTA PROSEGUE. Sul fronte dell’inchiesta, oltre all’attivazione di rogatorie internazionali, perché il bimbo sarebbe partito assieme al nonno e forse anche ad altre persone da Lugano con un volo privato, dopo aver superato il confine svizzero in macchina e grazie a un passaporto non riconsegnato, si allunga l’elenco degli indagati. È stata iscritta pure la nonna materna Esther, detta Etty, Cohen, ex moglie di Peleg. In più è in corso un lavoro di verifica di inquirenti e investigatori sul tragitto e sulle eventuali presenze di altri che hanno partecipato al blitz, senza trascurare l’ipotesi di un appoggio “strutturato”.

Era stato lo zio paterno di Eitan, Or Nirko, ad accusare la nonna materna di complicità nel sequestro in una più ampia storia che pare intrecciare pure interessi economici legati non solo ai risarcimenti per il disastro della funivia e motivi di educazione religiosa del bimbo. Anche se è stato riferito che la nonna sarebbe rientrata in Israele prima del giorno del rapimento. La stessa Aya aveva raccontato comunque che il nonno, quando è arrivato a prendere Eitan per la visita che gli era stata concessa, ha parcheggiato lontano dall’abitazione e non è chiaro se nell’auto ci fossero altre persone ad attenderlo.

“Sta bene”, ha fatto sapere la famiglia Peleg, mentre il nonno continua a ripetere di non averlo rapito ma di aver agito “d’impulso per il suo bene”. Poi, la richiesta dello zio per una “soluzione politica” e un riferimento a personaggi strani che si sarebbero avvicinati al piccolo: “Nel corso di una visita precedente Eitan è stato tenuto per due ore e mezza dentro la macchina della nonna materna e interrogato da una persona sconosciuta, che diceva che il suo lavoro è ‘cambiare i baffi’”.