Enrico Letta non può stare sereno. Scommette su Draghi e perde

La fine del governo Draghi lascia sul terreno diverse vittime. Uno dei grandi sconfitti è il segretario del Pd, Enrico Letta.

La fine del governo Draghi lascia sul terreno diverse vittime. E non c’è dubbio che uno dei grandi sconfitti sia il segretario del Partito democratico. Enrico Letta è passato in meno di 24 ore dal pronostico “domani sarà una bella giornata” a commentare la giornata di ieri come “un giorno triste e drammatico per l’Italia”. Il rush finale di Letta era partito da Palazzo Chigi.

La fine del governo Draghi lascia sul terreno diverse vittime. E uno dei grandi sconfitti è il segretario del Partito democratico, Enrico Letta

A 48 ore dal momento in cui il Parlamento sarebbe stato chiamato a decidere se confermare la fiducia al Governo, il segretario del Pd aveva incontrato Mario Draghi. Per sondarlo e per continuare il pressing affinché l’esperienza dell’Esecutivo proseguisse. Un’azione che ha fatto il paio con il giro di telefonate di questi giorni fra Letta e i leader della maggioranza, compreso Giuseppe Conte. Per i dem la parola chiave era “continuità”.

A metà pomeriggio di martedì fra i parlamentari c’era un certo ottimismo: circolava voce che Conte fosse orientato a votare la fiducia. Poco più tardi le attese erano più caute: “Non possiamo non essere preoccupati – spiegava un big del Pd – ma c’è la speranza che si trovi la soluzione”, con o senza i 5S.

Se il M5S fosse rimasto in partita, per Letta avrebbe voluto dire tante grane in meno: prima fra tutte quella con chi, dentro il partito, digerisce male l’idea di un’alleanza con Conte. “Serve compattezza e l’unità del partito – era stato il senso dei ragionamenti al Nazareno – ma l’eventuale rottura del M5S non potrebbe non avere conseguenze nelle prospettive”.

Enrico Letta ha manifestato ottimismo fino all’ultimo, fino al fatidico giorno prima: “è evidente che la prossima campagna elettorale – quando sarà, e noi auspichiamo a primavera – sarà una campagna nella quale si confronteranno idee diverse sui 5 anni che abbiamo davanti”. E infine: “Domani? Mi sveglierò sereno. Son sicuro sarà una bella giornata”.

Ma ancora una volta Letta non ha avuto la possibilità di stare “sereno”. E ieri ha dovuto prendere atto della sconfitta: il Governo Draghi non c’è più. Fallito dunque tutto il lavoro di tessitura con i pentastellati. Miseramente rivelatasi sbagliata la convinzione che il centrodestra non si sarebbe assunto la responsabilità di far cadere Draghi.

“In questo giorno di follia il Parlamento decide di mettersi contro l’Italia. Noi abbiamo messo tutto l’impegno possibile per evitarlo e sostenere il governo Draghi. Gli italiani dimostreranno nelle urne di essere più saggi dei loro rappresentanti”, scrive Letta sui social una volta appreso che l’Esecutivo dei Migliori è arrivato al capolinea. Il segretario Pd ci ha provato fino alla fine. Arriva a Palazzo Madama quando già la giornata ha preso una piega pessima dopo l’intervento del capogruppo leghista che chiede il Draghi bis.

Letta fa capolino nel gruppo. Arriva il ministro di Leu Roberto Speranza. Poco dopo, dal gruppo M5S, arriva anche Dario Franceschini che aveva parlato con Federico D’Incà. Poi tutti e tre si spostano di nuovo dai pentastellati. Lì c’è Conte. Il colloquio dura poco. Il leader dei 5S non si smuove. Non c’è possibilità di recuperarlo. Il resto avviene in Aula.

“Purtroppo eravamo troppo pochi a volere la mediazione”, la constatazione del segretario del Pd. La responsabilità, per Letta, è chiara: “Tre grandi partiti hanno deciso di mettere fine a questa esperienza, in particolare” con “la decisione di Berlusconi e di Salvini di togliere la fiducia, che ha seguito la scelta del M5S di una settimana fa di aprire la crisi”.

Dal Nazareno aggiungono che “la nostra linearità pagherà nel Paese. Da oggi ci prepariamo alla campagna elettorale. Parleremo agli italiani. L’Italia è diversa, è migliore di questo Parlamento”. Praticamente una sentenza su nuovi esperimenti elettorali al fianco di Conte. Sotto le macerie di questa crisi per alcuni dem si schianta ogni speranza di nuova alleanza fra Pd e grillini e con ogni probabilità il campo largo. La botta, si ragiona, è troppo dura per pensare che l’asse con il Movimento possa andare oltre le Regionali in Sicilia.

Ma il punto è che decretare la fine del campo largo, ovvero l’alleanza con i Cinque Stelle, potrebbe portare il Pd a schiantarsi alle prossime elezioni. Parte dei dem è pronta a chiedere di aprire ai centristi, a Carlo Calenda e a Matteo Renzi. Ma sono formazioni politiche che possono portare un contributo ridotto allo schieramento trainato dal Pd. Senza contare che la formazione di Luigi Di Maio ancora non si è costituita in partito. Il tesoretto di Conte è irrinunciabile. Ma questo sarà oggetto dei prossimi passaggi.

Enrico Letta ieri si ferma a commentare quanto accaduto a Palazzo Madama e marca la differenza del Pd rispetto agli altri partiti, dando già una linea alla campagna elettorale: “Gli italiani guardano sgomenti alle loro istituzioni, al Parlamento e al Senato e a forze politiche che hanno anteposto i loro interessi” e “sceglieranno tra chi ha affossato il governo e chi ha voluto portarlo avanti”.

Lega, Forza Italia e M5S vengono considerati responsabili di mandare all’aria aiuti per gli italiani e riforme. “Penso che vanno in fumo 19 miliardi del Pnrr, che non arriveranno, e riforme importanti che non verranno approvate”, dice. “Credo che andremo alle elezioni rapidamente” e la campagna elettorale avverrà in una “condizione molto difficile” per l’Italia.

“Sarà una campagna elettorale estiva, che temo avvenga in una condizione molto difficile per il nostro Paese”

“Sarà una campagna elettorale estiva, che temo avvenga in una condizione molto difficile per il nostro Paese. Fuori da un governo forte e solido come era questo temo che avremo una condizione molto complicata”, è la previsione del segretario dem.

Quella di ieri, ribadiscono dal Nazareno, “è stata una giornata drammatica per l’Italia. Le scelte di Lega e Forza Italia da una parte e del M5S dall’altra sono gravi, sbagliate. Purtroppo, sarà tutto il Paese – i cittadini e le cittadine, a partire da quelli più fragili e più spaventati – a pagare il conto di queste scelte. Una crisi sbagliata fin dall’inizio che è esplosa nel modo peggiore”.

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