Ancora raid in Iraq, ma la Jihad non si piega

Dalla Redazione

Proseguono le operazioni in Iraq da parte dell’aviazione americana. Da una parte il lancio di viveri e acqua per le migliaia di profughi bloccati sulle montagne Sinjar e dall’altra i raid contro le postazioni dell’Isis, le milizie dell’autoproclamato califfato islamico che sta terrorizzando la parte settentrionale del paese. Basti pensare che nelle città occupate le case dei cristiani sono state marchiate con la lettera Nun dell’alfabeto arabo. Iniziale di Nassareh, cioè Nazareno, il modo in cui vengono chiamati i cristiani nel Corano. Un’azione inquietante che ricorda le stelle di David disegnate dai nazisti fuori dai negozi e dalle case degli ebrei negli anni 30 e 40.

Il portavoce dell’Isis Abu Mosa ha sfidato gli Usa: “Dichiaro agli Stati Uniti che è stato creato il califfato islamico. Non siate vigliacchi, attaccandoci con i droni. Mandate i vostri soldati invece, quelli che abbiamo umiliato in Iraq. Lo faremo ovunque e alzeremo la bandiera di Allah sulla Casa Bianca”.

IRAQ, RAID USA PER AIUTARE I CIVILI

Di Sergio Patti

Non si poteva chiudere gli occhi ancora a lungo. La strage di civili in Iraq stava assumendo dimensioni bibliche. E ieri gli Stati Uniti hanno battuto per la prima volta un colpo avviando alcuni raid aerei mirati contro i miliziani dello Stato islamico (Is) nel nord dell’Iraq. Per il presidente Obama è un cambio di rotta dopo il ritiro delle truppe americane da Bagdad, ma la situazione nell’area è ormai letteralmente precipitata, con violenze di ogni tipo e una immensa popolazione in fuga verso Paesi che non possono ospitare nessuno. Siamo all’emergenza umanitaria, insomma, con i cristiani costretti a pagare il prezzo più alto. Decine gli omicidi e gli assalti alle chiese, dove sono stati divelti crocifissi e distrutti libri sacri. Una persecuzione che colpisce anche altre minoranze etniche e religiose.

Truppe a rischio
L’avanzata delle truppe dell’auto-costituito Stato islamico punta però contro ogni presenza occidentale, a partire proprio dagli ultimi contingenti lasciati da Washington per sostenere le legittime autorità locali e le sedi diplomatiche. Contingenti che rischiano di essere accerchiati e sopraffatti. I più esposti in tal senso i soldati di stanza a Erbil e al consolato Usa nella stessa città. I raid mirati, se necessario, scatteranno anche per aiutare le forze irachene a proteggere i civili. Già lanciate invece derrate alimentari per ottomila persone lungo le via di fuga percorse in queste ore dalle migliaia di Yazidi che non hanno l’ultimatum dell’Isis: convertirsi all’Islam o essere uccisi.

Mossa del Vaticano
L’Onu invece per ora si è limitata ad approvare una dichiarazione, approvata all’unanimità, in cui si chiede alla comunità internazionale di sostenere il governo iracheno, condannando le violenze dell’Isis e quella che viene definita una vera e propria “persecuzione” nei confronti delle minoranze religiose. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è detto sconvolto dalle notizie che arrivano dall’Iraq e ha invitato tutti a intervenire per aiutare Bagdad. Molto attivo anche Papa Francesco, che ha nominato il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, suo inviato personale in Iraq “per esprimere la sua vicinanza spirituale alle popolazioni che soffrono e portare loro la solidarietà della Chiesa”. Filoni ha poco dopo commentato così la nomina: “È un gesto che manifesta la sollecitudine del Papa verso la situazione di questi cristiani, che in questo momento sono in sofferenza: quella di aver lasciato la casa e di vedere tutte le loro radici tagliate, di essere stati anche umiliati, lasciando le loro case così come erano e cercando rifugio altrove”.