L’Eurocamera ha respinto entrambe le mozioni di sfiducia presentate contro la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, confermandole di fatto la fiducia dell’aula di Strasburgo. La prima, proposta dal gruppo dei Patrioti per l’Europa – la nuova famiglia politica che riunisce la Lega di Matteo Salvini e il Rassemblement National di Marine Le Pen – è stata bocciata con 378 voti contrari, 178 favorevoli e 37 astenuti.
La seconda, presentata dal gruppo della Sinistra europea (The Left), ha registrato 133 voti a favore, 383 contrari e 78 astensioni.
La cosiddetta “maggioranza Ursula” – composta da popolari, socialisti e liberali – ha dunque retto l’urto, ottenendo addirittura più voti rispetto alla precedente mozione di censura del 10 luglio, quando i contrari si erano fermati a 360.
Orban all’attacco prima del voto
Poche ore prima della seduta plenaria, il premier ungherese Viktor Orban aveva sferrato un durissimo attacco contro von der Leyen sui social, accusandola di essere “la lavatrice di Bruxelles” pronta a “ripulirsi” ancora una volta grazie al sostegno dei partiti liberali.
“La sua lista di colpe è lunga – ha scritto Orban –: ha strangolato l’industria europea con la follia verde, ha firmato un disastroso accordo commerciale con gli americani, ha lasciato entrare i migranti senza freni e, l’errore più grave, ha investito denaro nella guerra russo-ucraina per oltre tre anni”.
Il leader di Budapest ha accusato i “liberali di sinistra” di proteggere la presidente per “legare ogni Stato membro al giogo di Bruxelles”, includendo tra gli obiettivi dell’Unione “l’aumento delle tasse, l’accoglienza dei migranti e il finanziamento della guerra”. Orban ha poi rilanciato il suo messaggio sovranista: “Avremo voce in capitolo prima al voto di oggi, poi alla marcia per la pace di ottobre”.
Von der Leyen resiste, ma le tensioni restano
La bocciatura delle mozioni conferma il sostegno dell’aula a Ursula von der Leyen, che si avvia a proseguire il suo mandato alla guida della Commissione europea.
Tuttavia, le critiche dei governi sovranisti, guidati da Orban, mostrano come le tensioni politiche interne all’Unione restino forti, soprattutto su temi come ambiente, immigrazione e sostegno all’Ucraina.