Dall’avvio della Brexit in poi i rapporti con il Regno Unito non si sono mai distesi del tutto. Ed ora che la Gran Bretagna è anche uno dei produttori del vaccino AstraZeneca, è ancora peggio. Sì, perché non ha ancora assicurato l’invio di fiale verso il continente. A dirlo è la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen che ricorda: “Abbiamo esportato dieci milioni di dosi” alla Gran Bretagna, “è il primo Paese per l’export dall’Ue. Stiamo ancora aspettando che arrivino dosi dal Regno Unito in modo che ci sia reciprocità. L’Ue – ricorda – è la regione che ha esportato di più, 41 milioni di dosi a 33 Paesi, ma vogliamo vedere reciprocità. Non sta tornando niente verso l’Europa”.
C’è da dire che la situazione è diversa con gli Stati Uniti, con i quali “c’è la reciprocità: non ci sono export da Ue a Usa e viceversa di vaccini, ma c’è un flusso intenso dei precursori, degli ingredienti, e di tutte le materie che servono per fare i vaccini”. Per una prosecuzione rapida ed efficace della campagna vaccinale, e anche per “accelerare e fare meglio, vogliamo che le aziende produttrici rispettino i contratti”, dice von der Leyen, diversamente da quanto fatto da AstraZeneca, che nel secondo trimestre “consegnerà all’Europa 70 milioni di dosi rispetto ai 180 milioni che aveva contrattualmente promesso di fornire”.
Nonostante il mancato rispetto degli impegni di consegna della multinazionale anglo-svedese, “con l’arrivo delle prime dosi del vaccino Johnson&Johnson da aprile possiamo raggiungere l’obiettivo di avere il 70 per cento degli adulti vaccinati entro fine estate”. Al contrario di quanto fatto finora da AstraZeneca, BionTech-Pfizer e Moderna hanno rispettato gli impegni. Nel secondo trimestre arriveranno dalla prima 200 milioni di dosi, 55 da Johnson&Johnson e 35 da Moderna.
Le prime vaccinazioni J&J sono attese per aprile (leggi l’articolo). Sulla distribuzione, von der Leyen ha sottolineato che “deve essere fatta in proporzione alla popolazione”, ma che alcuni Stati membri “hanno deciso diversamente” non acquistando poi “le quantità che spettavano, quindi ci sono state tornate successive di distribuzione per chi era disposto a comprare di più rispetto alla popolazione”.
Come se non bastasse sono ore decisive queste, perché entro oggi arriverà il verdetto da parte dell’Agenzia europea del farmaco sul vaccino Astrazeneca. Sospeso in diversi Paesi Ue, Italia compresa (leggi la nota dell’Aifa), dopo alcuni casi di trombosi cerebrale, associata a carenza di piastrine, e su cui, al momento, non ci sono evidenze di un nesso causale.
Il presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), Giorgio Palù, ha avanzato una prima ipotesi sulla conclusione a cui potrebbero arrivare gli esperti Ue. “Io mi aspetto che l’Ema darà una nota di avvertenza, perché se ci sono soggetti femminili che hanno avuto trombosi, bisognerà studiarli”. L’esperto pensa “soprattutto alle donne che prendono la pillola, che è un farmaco pro-trombotico, o che hanno difetti della coagulazione del sangue”. A suo parere, quindi, l’Agenzia Ue potrebbe suggerire di fare “maggiore attenzione” a questi soggetti quando si somministra Astrazeneca. “Aspettiamo però che ci sia questa valutazione“.
In particolare l’alert sulle donne giovani nasce dal fatto che in Germania sono stati accertati in totale sette casi (sei donne) della rarissima trombosi. Va quindi chiarito se soffrissero già di difetti della coagulazione del sangue o se il fenomeno sia stato favorito anche dalla contemporanea assunzione della pillola anticoncezionale. Resta però da capire se ci sia un nesso con il vaccino Astrazeneca, al momento non provato, su cui Palù ribadisce che “il rapporto rischi-benefici” resta “nettamente a favore dei benefici”.