Femminicidi, scontro in Aula tra Valditara e le opposizioni. Mentre a Milano un uomo tenta di bruciare la ex

Mentre il ministro accusava le opposizioni di “sfruttare i femminicidi”, un’altra donna rischiava la vita sotto la benzina del suo ex

Femminicidi, scontro in Aula tra Valditara e le opposizioni. Mentre a Milano un uomo tenta di bruciare la ex

I femminicidi hanno fatto da scintilla, alla Camera, mentre si discuteva il disegno di legge sull’educazione sessuale e affettiva. Un provvedimento che la Lega ha svuotato con un emendamento: l’obbligo del consenso dei genitori anche alle medie, trasformando un tema educativo in terreno di veto ideologico. Quando le opposizioni – dal Pd al M5S fino ad Avs – hanno ricordato che l’Italia è un Paese dove ogni tre giorni una donna viene uccisa, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha perso la pazienza: «Vergognatevi, avete sfruttato i femminicidi». Poi ha lasciato l’Aula, tra le proteste e la sospensione dei lavori.

Un’aula in fiamme

Il ministro, indignato, ha scelto di reagire. Si è detto «stanco delle falsità» e ha accusato l’opposizione di manipolare la tragedia. Le opposizioni hanno replicato sottolineando che la violenza maschile è un fatto non un insulto personale. E in Aula è partita la bagarre, con la deputata del Pd Silvia Roggiani che aveva appena ricordato l’appello di Gino Cecchettin a «rimettere al centro l’educazione sessuale e affettiva dei ragazzi». Un passaggio che meritava ascolto, non urla. Da quel momento la discussione è deragliata: Simona Bonafè (Pd) ha parlato di «frattura profonda» tra governo e Parlamento, Marco Grimaldi (Alleanza Verdi Sinistra) ha chiesto le scuse del ministro, Vittoria Baldino (Movimento 5 Stelle) ha risposto: «Dobbiamo vergognarci, sì, ma di Valditara». Il ministro ha provato poi a ridimensionare: «Le mie affermazioni erano politiche, non personali».

Mentre a Milano accadeva l’ennesimo orrore

Nelle stesse ore, un uomo a Cologno Monzese cercava di dare fuoco alla ex moglie. Le ha gettato benzina sul volto gridandole: «Li vuoi vedere i bambini stasera?». Era già stato denunciato, la perseguitava, le aveva nascosto le chiavi dell’auto e installato un gps per controllarla. Il gip Luca Milani ha scritto che l’uomo era mosso da «una continua opera di sopraffazione e abuso», e che solo il carcere poteva impedirgli di annientarla. Una vicenda che avrebbe potuto chiudersi con un rogo e una lapide.

Educazione e realtà

La distanza tra la scena parlamentare e quella di cronaca è la misura esatta della politica italiana. Da un lato, il ministro dell’Istruzione che grida «vergogna» a chi nomina i femminicidi; dall’altro, una donna che si salva per caso da una morte annunciata. Ogni volta che la destra evoca la “libertà dei genitori” per opporsi all’educazione affettiva, dimentica che quella libertà non esiste per chi vive nella paura dentro casa.

Il ddl in discussione, già contestato da associazioni e docenti, non introduce educazione sessuale obbligatoria, ma la limita. Eppure la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, lo scorso anno, aveva promesso di «combattere le radici culturali della violenza». Quelle radici crescono proprio nel silenzio, nelle scuole dove nessuno spiega cosa siano consenso e rispetto.

Un Paese che educa al silenzio

Il 12 novembre resterà una data simbolica: mentre in Parlamento si gridava contro chi invoca educazione e consapevolezza, nelle strade si consumava un altro tentato femminicidio. È la fotografia di un Paese che discute dei toni, non delle cause; che si indigna per le parole, ma tace sui fatti. E intanto, tra gli applausi della sua maggioranza, Valditara ha lasciato l’aula «per impegni istituzionali». Tra i quali forse andrebbe inserito anche quello di insegnare, davvero, cosa significa rispettare una vita.