Loro si aspettano grandi vantaggi per le rispettive casse aziendali. Per le altre imprese e per la concorrenza, però, si pone un problema destinato prima o poi a venire a galla. Non c’è che dire, a suon di interviste rilasciate dai rispettivi amministratori delegati sembra procedere spedito il progetto di integrazione tra Ferrovie dello Stato e Anas. Il ritornello è sempre quello: grandi sinergie tra rotaie e strade, con la possibilità di tirare fuori l’Anas dal perimetro della Pubblica amministrazione. Nessuno, invece, finora ha parlato dell’evidente rischio di conflitto d’interessi che questa operazione comporta. Il tutto alimentato anche dal tentativo di portare in Borsa il gruppo Fs nel corso del 2017, come più volte annunciato dal Governo guidato da Matteo Renzi e confermato dal ministro dell’economia Pier Carlo Padoan.
IL NODO – Per inquadrare meglio la situazione si pensi alla gran varietà di aziende controllate da parte dei due gruppi. Per dire, a Fs fa capo Italferr, una delle più grosse società di ingegneria. In pancia ad Anas, invece, troviamo una società un po’ più giovane, Anas International Enterprise, che però ha l’obiettivo di sviluppare sempre “servizi integrati di ingegneria”. E si tratta solo di due esempi. Ebbene, con l’integrazione Fs-Anas si arriverà a una situazione in cui nello stesso tempo abbiamo uno Stato appaltatore, uno Stato che controlla un gruppo che partecipa a quegli stessi appalti e uno Stato che farà di tutto per sponsorizzare quel medesimo gruppo in vista della quotazione in Borsa. Insomma, non parrebbe proprio una situazione da manuale, soprattutto se vista con gli occhi di quelle imprese che magari intenderebbero competere con questo nuovo “colosso” per l’ottenimento delle commesse. Anche perché già oggi, per fornire un ulteriore elemento di riflessione, l’Anas è tra le maggiori stazioni appaltanti italiane, con circa 3 miliardi di gare gestite ogni anno. Enormi volumi muovono anche le commesse delle Fs ora guidate da Renato Mazzoncini. Da qui una domanda che viene alla mente in modo piuttosto spontaneo: non è che le Autorità Antitrust, tra Italia e Unione europea, potrebbero avere qualcosa da ridire su tutta questa operazione? Non resta che aspettare l’evoluzione che la partita assumerà nei prossimi mesi.
NELLE RETROVIE – Sullo sfondo rimane l’altro grande dubbio, quello relativo alla futura alimentazione finanziaria dell’Anas. Troppo dipendente dallo Stato, si è detto sin qui, con l’incorporazione in Fs la società guidata dall’Ad Gianni Armani potrebbe arrivare ad avere soldi “propri”, magari attinti dalle accise sulla benzina. Con opzioni alternative che variano dalla tariffa al bollo auto. Il che non mette al riparo, almeno per ora, l’altro rischio di fondo. Ossia che la nuova Anas aggregata ad Fs e fuori dal perimetro della Pa possa trasformarsi in un aggravio sulle tasche dei consumatori-automobilisti.
Twitter: @SSansonetti