Fibrillazione in Eni. Nel Cda pure la nemica di Descalzi. I fondi esteri spingono la canadese Litvak, accusata di complotto contro l’Ad

Per Claudio Descalzi, appena confermato nell’incarico di amministratore delegato dell’Eni, l’insidia di ritorno si chiama Karina Litvak

È riuscito a strappare la conferma, ma non ha potuto evitare alcune spine nel fianco. Anzi, alla fine potrebbe essere costretto ad affrontare qualche altro grattacapo. Per Claudio Descalzi, appena confermato nell’incarico di amministratore delegato dell’Eni, l’insidia di ritorno si chiama Karina Litvak. Sconosciuta ai più, la canadese Litvak è appena stata confermata come consigliere di minoranza da parte dei fondi internazionali. E questa, verosimilmente, potrebbe essere una notizia che non fa saltare di gioia di vertici Eni. I quali, poco meno di un anno fa, avevano sostituito la Litvak all’interno del Comitato controllo e rischi del Cane a sei zampe. Una decisione presa a seguito di un’autentica spy story.

Il precedente – Cosa era successo? In seguito a un dossier anonimo la procura di Trani aveva indagato la stessa Litvak e l’ex consigliere di amministrazione dell’Eni, Luigi Zingales, per un presunto complotto finalizzato a defenestrare Descalzi. Un filone separato ma “idealmente” collegato alla super inchiesta per corruzione in Nigeria tutt’ora a carico di Descalzi, che sta aspettando di capire se sarà rinviato a giudizio o meno. Qualche giorno fa, però, la procura di Milano (alla quale è passato anche questo filone d’indagine) ha chiesto l’archiviazione nei confronti degli indagati per il presunto complotto ai danni di Descalzi. E adesso viene fuori che nella lista di minoranza per il nuovo Consiglio di amministrazione, espressa dai fondi, la Litvak è stata riproposta esattamente come tre anni fa. Insomma, è evidentemente una dinamica che non può non far riflettere, soprattutto se messa in riferimento alle ultime vicende giudiziarie.

La torta – È appena il caso di ricordare che, al di là di chi detiene la partecipazione di controllo in Eni, i fondi contano non poco. Attualmente, infatti, il 30,1% del Cane a sei zampe fa capo allo Stato, per il tramite del Ministero dell’economia e della Cassa Depositi e Prestiti. La parte restante del capitale è divisa in fette consistenti che fanno capo a fondi esteri: il 7,9% a fondi inglesi e irlandesi, il 15,8% a investitori americani e canadesi e il 18,1% a investitori di altri Stati dell’Unione europea. Il fatto che tutti abbiano riproposto la “nemica” di Descalzi nelle lista di minoranza è un segnale di come la dialettica interna potrebbe continuare a essere piuttosto movimentata.

Tw: @SSansonetti