Forza Italia,

di Gaetano Pedullà

Un passo avanti e due indietro, il Sandro Bondi di ieri sera ha ritrattato quel che diceva il Sandro Bondi di ieri mattina. Con un intervento su La Stampa, il più fido dei senatori del Cavaliere esprimeva il disagio di Forza Italia. Il partito che doveva cambiare il Paese ha fallito e se si vogliono ancora fare le riforme meglio aiutare Renzi. Il Nuovo Centrodestra non ha fatto in tempo a festeggiare il transfuga che l’ex ministro si è tirato fuori dal mercato. Da che parte alla fine starà Bondi è affar suo. Ma la questione che ha posto al fronte dei moderati non va sottovalutata. Con il Cavaliere, 77 anni, da ieri ai servizi sociali, l’orizzonte di Forza Italia è quanto meno incerto. Sullo stesso fronte c’è il partito di Alfano, che però resta figlio di un tradimento fin quando, perlomeno, non disporrà di parlamentari eletti con le insegne di Ncd e non con quelle di Berlusconi. C’è poi un pulviscolo di liberali, socialisti e laici elettoralmente irrilevanti, e infine, più a destra, i Fratelli d’Italia e la Destra di Storace a spartirsi l’eredità di An. Una galassia che è riuscita a trasformarsi in un grande partito di massa solo grazie a un leader indiscusso e ad alcune parole chiave – detassare, semplificare, ringiovanire, cambiare – che oggi sono bandiere nel campo di Renzi. Ora è chiaro che c’è il clamore delle Europee, ma smentire le parole d’ordine del passato, emblema di quella rivoluzione liberale che Forza Italia aveva promesso, solo per far la guerra al premier, non porta voti ai moderati e non aiuta neppure una prospettiva di riforme. Il Centrodestra chiuda pure gli occhi, ma senza una strategia che non ne rinneghi l’anima rischia di arretrare e diventare presto marginale.