Franco Landella: il sindaco leghista di Foggia si dimette dopo il dossier sulla mafia nel comune

Il nome di Franco Landella era tra quelli finiti nella relazione consegnata dalle forze dell'ordine ai membri della commissione del ministero

Franco Landella: il sindaco leghista di Foggia si dimette dopo il dossier sulla mafia nel comune

Il sindaco di Foggia, Franco Landella si è dimesso. L’ormai ex primo cittadino, esponente della Lega, ha spiegato che la città “in questo momento ha bisogno di serenità, di essere tenuta al riparo da ogni tentativo di gettare fango su chi l’amministra con passione e dedizione”.

Franco Landella: il sindaco leghista di Foggia si dimette

“La mia unica ambizione è stata sempre quella di servire Foggia, oggi intendo dimostrarlo ulteriormente rimettendo il mio mandato di sindaco per consentire a tutte le forze politiche di essere compiutamente consapevoli della loro responsabilità di aver cura delle urgenze e delle speranze della nostra comunità”, scrive in una nota Landella. Che si dice disponibile al confronto. Il suo nome era tra quelli finiti nella relazione consegnata dalle forze dell’ordine ai membri della commissione del ministero dell’Interno. Che dovrà decidere se sciogliere o meno il Comune per infiltrazioni mafiose.

Il ministro dell’Interno, nelle scorse settimane, ha insediato una commissione per valutare se esistono le condizioni per lo scioglimento. Si parla di “collegamenti ambigui e discutibili di amministratori con soggetti orbitanti, se non appartenenti, a gruppi mafiosi locali”. Secondo i racconti dei siti locali l’attività amministrativa del Comune sarebbe stata condizionata dai clan nei lavori pubblici, i tributi, i servizi cimiteriali, dall’appetito famelico dei clan. Lo scopo è appropriarsi del controllo di strade e quant’altro in ogni angolo della città. E in qualsiasi momento.

Nella relazione consegnata ai membri della commissione è presente un paragrafo dedicato al primo cittadino. Eletto nel 2014 e confermato nel 2019 alla guida del comune. Che secondo il documento raccontato dal Fatto è “dilaniato dalle guerre tra le batterie “Moretti-Pellegrino”,“Sinesi – Francavilla” e “Trisciuoglio – Prencipe -Tolonese ” che negli ultimi anni avevano deciso di cambiare strategia: superando la spartizione del territorio e le sanguinose faide, avevano optato per una cassa comune in cui i soldi delle estorsioni sarebbero stati divisi fra i tre gruppi”.

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